Il lutto e le ripercussioni sul corpo

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Lutto normale o patologico?

Nel corso della vita ogni persona è chiamata ad affrontare un lutto. Evento considerato, secondo la Social Readjustment Rating Scale (SRRS) che valuta gli eventi stressanti della vita di un individuo, come una delle maggiori situazioni stressanti a cui un individuo è sottoposto, raggiungendo il tetto massimo se la persona defunta è il coniuge. Dunque, bisogna tenere in considerazione questo fattore per poter ridurre l’esordio, o il peggioramento, di differenti problemi di salute successivi alla morte di un caro. Le reazioni negative, ad un lutto di una persona significativa, sono da considerarsi normali e comprendono un insieme di sintomi come: ritiro sociale, pianto, pensieri intrusivi, angoscia. È da reputarla una condizione normale che necessita di tempo per essere superata. Infatti, la persona deve avere del tempo affinché possa strutturare un nuovo equilibrio di vita senza la presenza della persona amata. Nella maggior parte dei casi viene a definirsi una nuova stabilità che comporterà una riduzione dei sintomi fino alla loro scomparsa. Tuttavia, in alcuni casi i sintomi sono più intensi e si protraggono per un periodo molto lungo. In questo caso il processo del lutto è fallito, in quanto non è avvenuto il passaggio da una reazione acuta iniziale ad un lutto integrato. Quindi la condizione della persona non è più considerata una reazione fisiologica, ma viene classificata dal DSM-5, come Disturbo da lutto persistente complicato. Per poter effettuare questa diagnosi deve essere presente un cluster di sintomi per la maggior parte dei giorni per un periodo di 12 mesi dal lutto.

Lutto somatizzato

Le persone in lutto potrebbero manifestare sia dei disturbi psichiatrici, sia dei disturbi somatici che non hanno alcuna causa organica. Un paziente somatizzante può presentarsi con sintomi, spesso multipli, riferiti a qualsiasi parte o funzione del corpo e possono essere simili a qualsiasi malattia corporea. Ad esempio, potrebbero riferire: dolore addominale e toracico, dispnea, mal di testa, affaticamento, tosse, mal di schiena, vertigini e nervosismo.

Quando il paziente ha subito una perdita significativa di un caro si parla di lutto somatizzato, ovvero la tendenza a comunicare la propria angoscia attraverso dolori fisici non spiegabili dal punto di vista organico. È una modalità psicologica diffusa nella nostra società, ma diventa un problema quando gli individui non riconoscono che i loro dolori fisici siano dovuti all’angoscia, nonostante le rassicurazioni da parte dei medici riguardo l’impossibilità di ragioni organiche come cause dei loro dolori.

si può morire di crepacuore

È possibile morire di “crepacuore”?

È solito sentire questa espressione soprattutto in relazione alle morti di due coniugi avvenute a poca distanza di tempo l’una dall’altra e quando il coniuge rimasto in vita non presentava alcun problema di salute prima della morte della persona amata.

La cardiomiopatia di Takotsubo è stata segnalata per la prima volta nel 1990 ed è una cardiomiopatia acuta indotta da stress.

Siccome l’evento stressante che porta alla cardiomiopatia di Takotsubo è a volte la morte di una persona cara, la condizione è diventata nota come “cuore spezzato”.

In seguito alla morte di un caro aumenta la probabilità di soffrire di problemi cardiovascolari. La probabilità di avere un infarto al miocardio non fatale è di 21 volte superiore nella 24 ore successive alla perdita del proprio caro, rispetto ai sei mesi precedenti. L’aspetto psicologico del dolore ha il suo peso rilevante e si può dedurre dal fatto che quando la persona riferisce la presenza di una morte molto significativa, le probabilità di presentare un infarto salirebbero vertiginosamente a 28.

Oltre a problemi di natura cardiovascolare, vi sarebbe, in generale, un aumento della morbilità come infezioni, malattie croniche e cancro. Questo aumento del rischio di morbilità e mortalità nelle persone in lutto è stato chiamato anche “effetto vedovanza” anche se il dolore provato non è solo correlato alla morte di un coniuge, ma in un senso più ampio a tutti quei lutti che risultano particolarmente importanti per l’individuo.

Quando il dolore mentale si trasforma in malattia fisica

Vi sono persone maggiormente predisposte a sviluppare disturbi psicosomatici?

Ogni persona tende a reagire in modo diverso di fronte alle esperienze di vita. Questo dipende da una pluralità di aspetti che, integrandosi tra loro, costituiscono l’assetto cognitivo-emotivo dell’individuo. Dunque, in seguito ad un lutto, potremmo osservare diverse reazioni: dolore senza la presenza di sintomi fisici e mentali; presenza di sintomi somatici; presenza di disturbi mentali. Alcuni studi hanno cercato di dare una spiegazione alle diverse reazioni, prendendo in considerazione lo stile di attaccamento che caratterizza ciascun individuo e fa riferimento a modelli stabili di credenze che si hanno su sé stessi e sugli altri.

Le persone con attaccamento sicuro mostrano una reazione “normale” al lutto, caratterizzata da dolore intenso e successiva incorporazione della perdita con il loro sé. In questo caso vi è una minore probabilità dell’emergere di problemi di natura fisica e/o psicologica.
Gli individui con attaccamento ansioso- ambivalente manifestano più angoscia e riferiscono la presenza di preoccupazioni e pensieri ruminativi, quindi una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo depressivo.

Invece, quelli che tendono a riferire disturbi somatici sono gli individui con attaccamento evitante che hanno la tendenza ad utilizzare strategie di distanziamento dalle emozioni angoscianti.

Perché è così importante entrare in contatto con le proprie emozioni?

Freud e Breuer avevano già evidenziato l’importanza del metodo catartico e del dare libero sfogo alle emozioni. Come abbiamo già visto, vi sono alcune persone che riescono a distaccarsi dalle esperienze angoscianti. Tuttavia, sebbene ci si possa distaccare dall’esperienza di lutto vissuta, le emozioni ad esso associate continuano ad esistere e manifestarsi sotto altre forme. La soppressione delle emozioni può portare, come abbiamo già visto, allo sviluppo di diversi problemi di salute.

Dunque, è necessario entrare in contatto con le proprie emozioni e non accantonarle. Poter esternare i propri stati d’animo ed affrontare l’esperienza angosciante può essere d’aiuto nell’organizzazione e nell’assimilazione dell’evento spiacevole.

In una fase iniziale potrebbero esserci delle difficoltà nel far riemergere episodi collegati ad emozioni angoscianti, ma a lungo termine vi sarebbe una riduzione dei problemi sia fisici che mentali.  Sembra essere utile, non solo parlare con qualcuno, ma anche scrivere delle proprie esperienze purché siano sempre accompagnate dai propri vissuti emotivi. Inibire i propri stati emotivi è un atto ulteriormente stressante per un individuo reduce da un lutto. A lungo termine il comportamento di inibizione messo in atto comporta un accumulo di stress e maggiori probabilità di sviluppare problemi di salute. A sostegno di questo vi sono differenti indagini che mostrano come una mancanza di apertura riguardo un evento spiacevole, come il lutto, avvenuto in età infantile, hanno implicato probabilità maggiori di lamentarsi di un problema di salute rispetto a chi invece era riuscito ad aprirsi.

 

Michela Di Giacomo

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