L’arte del lasciar andare: trattare il lutto con l’Arteterapia

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arteterapia e lutto

Arteterapia, lutto e fine-vita

La perdita di qualcuno è sempre un’esperienza molto difficile. Indifferentemente dalle condizioni in cui questa avvenga, bisogna sempre venire a patti con la scomparsa di una persona e con essa tutti i ricordi, i sentimenti e le esperienze a questa associate. Non è quindi un caso che il lutto sia da sempre considerato una delle esperienze più difficili, traumatiche talvolta, che qualcuno possa affrontare. La problematicità del tema è ricalcata anche dalla censura sociale della morte, a cui nemmeno i professionisti sono immuni. Per questo è importante formare i professionisti sul tema e su tecniche psicoterapeutiche efficaci per l’elaborazione del lutto. Un esempio di queste tecniche potrebbe essere l’ Arteterapia, la quale, attraverso la forza espressiva dell’arte, riesce a toccare corde che le parole non possono. In particolar modo, lo Psicodramma e la Fototerapia hanno mostrato grandi potenzialità e anche alcuni risultanti incoraggianti nell’ambito del fine-vita. All’interno di questo articolo non solo si discuterà la specificità terapeutica della morte e del lutto, ma si illustreranno le basi di queste pratiche e come possono essere applicate alla gestione della terminalità e dell’elaborazione del lutto.

Il problema del lutto e le sue conseguenze

La morte è un tema di per sé confondente che ci spaventa ed angoscia. Specialmente negli ultimi anni – in cui i sistemi di credenze e valori culturali di stampo religioso hanno perso il loro potere – si è creato un vuoto attorno al concetto di morte, che rimane appunto ignoto e indefinito. Questo genera paura ed angoscia. Motivo per cui, come la Terror Management Theory ha assunto, socialmente tendiamo a censurare la morte ed il lutto (Testoni, 2015). Ignoriamo, a scopo del tutto difensivo, il fatto che siamo mortali e che nulla e nessuno è garantito nella nostra vita. Sono strategie per evitare l’idea della terminalità della vita, rendendo però più difficile accettarla quando ce l’abbiamo davanti (Testoni, 2015). Ed è così che ci si ritrova così spesso impreparati di fronte alla perdita di qualcuno.

Dopotutto anche nell’ambito della Psicologia più “tradizionale”, la perdita ed il lutto sono da sempre considerati esperienze fortemente stressanti, che se non ben affrontate possono generare un trauma di difficile risoluzione. Un lutto complicato (non risolto) ha infatti dei veri e propri risvolti psicopatologici che rientrano anche in sintomi piuttosto gravi, quali episodi depressivi, isolamento e tendenze autodistruttive (DSM-5). È quindi importante avere a disposizione degli strumenti validi per gestire delle esperienze di questo tipo. Ed è soprattutto importante che i professionisti del campo siano preparati a gestire la dimensione del fine-vita, affinché siano consapevoli delle dinamiche di evitamento del lutto (Testoni, 2015). Motivo per cui bisogna puntare all’integrazione nella pratica clinica (e non) di tecniche ad hoc per l’elaborazione dell’esperienze di lutto.

Arteterapia: cos’è e perché usarla

Uno strumento che si è rivelato particolarmente interessante per la gestione della terminalità è quello dell’ Arteterapia. Questo insieme di tecniche, con l’utilizzo di canali di espressione artistica in setting terapeutici, sembra facilitare il processo di accettazione ed elaborazione della morte e del lutto. Ciò è possibile grazie alla forza comunicativa dell’espressione artistica, attraverso cui si possono esprimere emozioni e sentimenti che non si riuscirebbero altrimenti a verbalizzare. Per di più, anche qui come assunto da esponenti della TMT, l’utilizzo terapeutico del medium artistico permette una ri-significazione, ovvero l’attribuzione di nuovi significati a cose ed eventi. E questo è essenziale per il fine terapeutico, in quanto l’attribuzione di un senso e di un significato è il primo passo per l’accettazione di esperienze inevitabili come quelle della morte e del lutto. Inoltre c’è da dire che, nonostante siano ancora necessari approfondimenti sul tema, l’ Arteterapia si è rivelata efficace anche nella gestione dello stress e nel benessere sia di persone in situazioni normali che di persone con diagnosi infauste (Regev, Cohen-Yatziv, 2018); inoltre si è dimostrata utile per la gestione del lutto stesso (Weiskittle & Gramling, 2018). È perciò di notevole interesse sia clinico che empirico l’approfondire l’efficacia dell’ Arteterapia sull’elaborazione del lutto.

Ma in particolare, cos’è l’Arteterapia? Con Arteterapia si intende l’insieme di approcci terapeutici che utilizzano all’interno dei propri setting metodi artistici, per trattare il benessere psicologico e i disturbi psicopatologici. Alla base di questi metodi vi è l’assunto che l’espressione creativa possa favorire la guarigione e il benessere mentale attraverso l’esplorazione di sentimenti e pensieri non verbalizzati. L’introspezione, l’insight e la rielaborazione di pensieri ed esperienze sono dunque gli strumenti terapeutici messi in gioco da queste pratiche (Stuckey, Nobel, 2010). Sul piano pratico, questi metodi utilizzano vari canali espressivi (immagini, suoni, parole, azioni e movimenti) e tecniche delle rispettive arti, quali pittura, fotografia, musica, scrittura, danza e recitazione (Cherry, 2021). In tal senso si definiscono Arte-Terapie Creative (CAT) – tecniche che utilizzano l’espressività della produzione attiva delle arti sopra citate – e Arte-Terapie Intermodali (ATI), che utilizzano più media artistici in setting psicoterapeutici.

E se le Arteterapie grafiche e la Musicoterapia sono di certo le tecniche più consolidate tra i professionisti, nella dimensione del fine-vita la Fototerapia e lo Psicodramma sono di particolare rilevanza. Queste due pratiche si prestano particolarmente per l’elaborazione del lutto, grazie al loro focus sull’esplorazione e ricostruzione delle esperienze.

psicodramma
Psicodramma: la terapia su palcoscenico

Lo Psicodramma è da sempre una delle psicoterapie non “tradizionali” più interessanti e rilevanti, proprio per il suo metodo così distintivo, ma anche la sua notevole versatilità. Questa tecnica è stata inizialmente creata negli anni ’50 da J.L. Moreno e si basa sull’utilizzo dell’azione drammatica, la quale viene usata come mezzo per l’espressione di sé e il cambiamento terapeutico. Nelle tecniche psicodrammatiche, attraverso la messa in scena di esperienze e l’utilizzo di ruoli, si esplorano e ricostruiscono esperienze di vita e le parti di sé a loro associate. Lo psicodrammatista (il terapeuta) accompagna la persona in un percorso di esplorazione e ricostruzione di sé, dando vita al suo mondo interno che si esprime ed evolve sul palcoscenico.

Le basi della tecnica: la Teoria dei Ruoli

Lo Psicodramma è oggi un approccio piuttosto vasto e con un certo numero di varianti e adattamenti. Le sue fondamenta si costruiscono comunque sulla teoria di Moreno e come abbia definito il gioco dei ruoli, parte essenziale di tutte le tecniche psicodrammatiche. La Teoria dei Ruoli assume che ognuno di noi abbia dentro di sé vari ruoli, i quali si basano sulle nostre esperienze ed i contesti queste sono avvenute. I ruoli organizzano il nostro mondo interno e determinano le nostre azioni e comportamenti. Cambiando i ruoli, cambiamo il nostro modo di gestire le situazioni ed agire all’interno di queste (Moreno, 1946). Moreno ha individuato il processo di evoluzione dei ruoli, articolato in 3 stadi:

  1. Role Taking, assunzione di un ruolo stabilito e definito. In questa fase la persona deve conoscere il ruolo assegnato.
  2. Role Playing, sperimentazione e allenamento del ruolo assunto. Qui la persona deve entrare veramente in contatto col ruolo, sperimentandolo in varie situazioni e contesti.
  3. Role Creating, creazione di un nuovo ruolo. Qui la persona, una volta emersi di suoi bisogni e desideri, costruisce un nuovo ruolo coerente con questi (Moreno, 1946; Dayton, 1994).

Quello descritto è un processo per il ri-centramento su di sé e sul proprio benessere attraverso una sperimentazione per gradi di libertà crescente. Il tutto per promuovere la spontaneità e l’autenticità. Nella pratica ciò viene fatto tramite le attività di Role Playing e di fatto vedremo come gli stadi dei ruoli spesso determinano anche le fasi della terapia stessa, la quale procede su sessioni ben strutturate.

Un’applicazione differente della Teoria dei Ruoli è il Meta-Ruolo di Blatner, che invece utilizza il concetto di ruolo per rappresentare le difficoltà e i comportamenti problematici della persona, così da fare leva sulla capacità di differenziarsi dai propri comportamenti e quindi non solo di auto-monitorarsi mentre sono in un ruolo, ma anche di coordinare i diversi ruoli. Questo è appunto il processo del meta-ruolo, che a questo punto ridefinisce l’obiettivo dello psicodramma come il trovare un ruolo che gestisca tutti gli altri ruoli, riflettendo però il vero sé della persona (Blatner, 2000).

Psicodramma e lutto: Il modello CBN e le terapie psicodrammatiche intermodali

Ma le tecniche psicodrammatiche non si esauriscono qui e ne esistono numerose riapplicazioni. In particolare, alcuni approcci psicodrammatici si sono rivelati efficaci nella gestione dello stress e del lutto. In particolar modello quello della Cognitive Behavioral and Narrative Therapy (CBN) ha dato buoni risultati nell’elaborazione di gruppo del lutto. Il CBN è un approccio terapeutico psicodrammatico che integra le terapie cognitivo-comportamentale e le arteterapie Intermodali (Azoulay & Orkibi, 2015). Questo modello inoltre si differenzia per il modello dei ruoli che si rifà sia a quello Moneriano che quello di Blatner, articolandosi in 4 fasi: Role Naming, Playing, Creating e Training. Di queste le prime 3 sono identiche a quelle classiche, mentre l’ultima punta al Meta-Ruolo. Un’altra differenza con lo psicodramma classico è l’utilizzo di circoli narrativi e di media artistici per le fasi di esternalizzazione del ruolo (ovvero la fase in cui tiriamo fuori le esperienze e i contenuti da cui costruiamo il ruolo stesso).

Ma muovendoci sul pratico, gli interventi intermodali di gruppo basati su CBN sono percorsi di 10 sessioni circa per gruppi di 8-10 persone e si articolano in 3 fasi:

  1. Elaborazione del dolore e del lutto: in questa fase si condividono esperienze legate alla persona mancata, si costruiscono atomi sociali di ruolo e si costruisce un ruolo di ostacolo che incarni le difficoltà della fase di lutto/crisi (Worden,1991; Stroebe & Shut, 1999);
  2. Rafforzamento della Forza e del supporto: in questa fase ci si focalizza invece sul rapporto col defunto (tecnica della lettera psicodrammatica), si costruisce un ruolo di supporto che si opponga a quello di ostacolo. Emerge inoltre il Meta-ruolo.
  3. Risoluzione e proiezione futura: ogni membro del gruppo riprende il percorso fatto e rappresenta il proprio percorso (disegno delle silhouette all’inizio e alla fine della terapia). Si lavora sul legame continuo col defunto (tecnica della sedia vuota) e ci si prepara alla conclusione del percorso con un breve lavoro sulla proiezione futura dei singoli membri e un puzzle di gruppo fatto con creazioni grafiche di ogni membro del proprio ruolo di supporto e il rapporto col defunto.

All’interno di queste fasi i membri del gruppo vanno a elaborare le esperienze dolorose legate al lutto, a risolvere sentimenti sospesi con il defunto e a imparare a gestire il legame continuo che il dolente vive con la persona anche dopo la sua scomparsa. Inoltre si viene a costruire una consapevolezza di sé, della loro vita e delle modalità con cui si gestiscono le crisi e i lutti. Queste competenze permettono una buona elaborazione del lutto e permettono la gestione di crisi (Dayton, 2005). Le terapie intermodali di gruppo mostrano insomma le potenzialità delle arti espressive utilizzate in un setting terapeutico ben strutturato, come quello psicodrammatico.

fototerapia

La Fototerapia: la cura delle immagini?

Judy Weiser, una pioniera della Fototerapia, ha definito questa come ‘un sistema interattivo di tecniche terapeutiche che utilizzano scatti personali e album di famiglia come “ponti” per accedere a sentimenti, pensieri e ricordi non facilmente disponibili con metodi di indagine esclusivamente verbali.’ (Weiser, 2014). Ciò è possibile grazie ai sentimenti, pensieri, ricordi e associazioni che le foto stesse evocano.

La stessa Weiser (1999, 2014) ha anche individuato 5 tecniche base della Fototerapia, le quali si articolano sulla base del rapporto tra cliente, fotocamera e foto. Bisogna comunque tenere a mente che queste tecniche non vengono usate da sole, bensì si sovrappongono ed integrano a vicenda. Le possibili tecniche sono:

  1. Foto scattate o create dal cliente, sia scattate dal cliente che raccolte da riviste, cartoline ecc,;
  2. Foto scattate al cliente da altre persone, sia fatte di proposito che spontaneamente, mentre la persona non era a conoscenza di essere fotografata, dove il cliente non ha avuto controllo sulla creazione della foto;
  3. Autoritratti, foto di loro stessi, ma dove avevano il controllo totale e il potere su tutti gli aspetti della creazione dell’immagine;
  4. Album di famiglia e altre collezioni foto-biografiche: Queste possono ritrarre sia la famiglia di nascita che la famiglia scelta del cliente e non devono essere necessariamente raccolte in un album tradizionale. L’importante è che siano raggruppate in un qualsiasi luogo e formato (fisico o digitale) con lo scopo di documentare la narrazione personale della vita del cliente (e della sua famiglia). Tali album hanno una “vita” a parte, e ben oltre, le singole immagini che li compongono;
  5. Le “Foto Proiettive”. Questa tecnica si basa sul fatto che ogni foto assume il suo significato perché datogli da chi la sta guardando ed è di fatto il presupposto di tutte le altre tecniche.

Tutte le foto sono tecnicamente proiettive, perché il loro significato è sempre proiettato su un oggetto fotografico da chi le sta guardando in quel momento’– Judy Weiser.

Queste 5 tecniche sono alla base di ogni intervento che includa la Fototerapia e se ben integrate nella pratica possono essere di grande aiuto per persone che stanno affrontando un lutto ed il fine-vita in generale. Attraverso la gestione di affetti inespressi e l’esplorazione introspettiva derivante, si può aiutare una persona ad affrontare e significare i concetti di morte e di terminalità. E nonostante la Fototerapia non sia ancora stata sottoposta alla revisione empirica necessaria per constatarne statisticamente l’efficacia; si può dire che abbia tutte le potenzialità per essere uno strumento degno di attenzione ulteriore.

Arteterapia, mortalità e l’importanza della formazione professionale

La forza delle tecniche spiegate in questo articolo è di certo la possibilità di affrontare i concetti di morte, terminalità e perdita in maniera unica e profonda. Temi di per sé difficili ma anche centrali in caso di lutto o di malattia terminale. Perché se ben gestiti permettono un aumento della qualità della vita della persona morente e una più facile elaborazione del lutto da parte di chi rimane in vita (Testoni et. al, 2018; Testoni 2015; Bell et al., 2009). Nell’ambito delle cure palliative è essenziale la preparazione del paziente e della sua famiglia alla morte (Jones, 2012; Sawyer et al., 2017; Smith et al., 2013; Testoni, 2020). Tuttavia questo processo sarebbe più facile se le persone fossero già preparate ed educate su queste tematiche. C’è quindi bisogno di psicologi e di altri professionisti sanitari consapevoli e formati sulla questione e l’Arteterapia può essere uno strumento per aiutare i professionisti in tal senso sia sul paino delle loro skills, ma anche aiutarli ad affrontare personalmente questi topic problematici, esattamente come hanno affrontato ogni altro problema che risolvono con i loro pazienti nella pratica clinica. Dopotutto l’arte è da sempre una delle cose più preziose e potenti di cui disponiamo in quanto esseri umani. Perché non usarla?

Giulio De Pasquale

Bibliografia

American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi Mentali, Quinta edizione (DSM-5), trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.

Azoulay, B . & Orkibi, H (. 2015 . ) The four-phase CBN Psychodrama model: A manualized approach for practice and research. The Arts in psychotherapy, 42, 10-18

Bell, C. J., Skiles, J., Pradhan, K., and Champion, V. L. (2009). End-of-life experiences in adolescents dying with cancer. Supportive Care Cancer 18:7, 827-835. doi:10.1007/s00520-009-0716-1

Blatner, A. (2000). Psychodramatic methods for facilitating bereavement. In P. F. Kellerman & M. K. Hudgins (Eds.), Psychodrama with trauma survivors: Acting out your pain (pp. 41-50). Jessica kingsley publishers.

Cherry K. What is Art Therapy?. Verywell Mind. Revision., 04 Luglio 2021; revisione, Amy Morin LCSW

Dayton, T. (2005). The living stage: A step-by-step guide to psychodrama, sociometry, and experiential group therapy. Health Communications. (pp. 147-166, & pp. 265-287).

Dayton, T. (1994). The Drama Within: Psychodrama and Experiential Therapy.

Jones, B. L. (2012). The Challenge of Quality Care for Family Caregivers in Pediatric Cancer Care. Seminars in Oncology Nursing 28:4, 213-220. doi:10.1016/j.soncn.2012.09.003

Moreno, J. L. (1946). Psychodrama, first Vol. Beacon House. https://doi.org/10.1037/11506-000

Regev, D., Cohen-Yatziv, L. Effectiveness of art therapy with adult clients in 2018—what progress has been made?. Front Psychol. 2018;9:1531. doi:10.3389/fpsyg.2018.01531

Sawyer, S. M., McNeil, R., McCarthy, M., Orme, L., Thompson, K., Drew, S., et al. (2017). Unmet need for healthcare services in adolescents and young adults with cancer and their parent carers. Supportive Care in Cancer 25:7, 2229-2239. doi:10.1007/s00520-017-3630-y

Smith, A. W., Parsons, H. M., Kent, E. E., Bellizzi, K. M., Zebrack, B. J., Keel, G., et al. (2013). Unmet support service needs and health-related quality of life among adolescents and young adults with cancer: the AYA HOPE study. Frontiers in Oncology 3:75. doi: 10.3389/fonc.2013.00075

Stroebe, M., & Schut, H. (1999). The dual process model of coping with bereavement: Rationale and description. Death Studies, 23(3), 197–224. https://doi.org/10.1080/074811899201046

Stuckey HL, Nobel J., The connection between art, healing, and public health: A review of current literature. Am J Public Health. 2010;100(2):254-63. doi:10.2105/AJPH.2008.156497

Testoni, I., Iacona, E., Fusina, S., Floriani, M., Crippa, M., Maccarini, A., & Zamperini, A. (2018). “Before I die I want to …”: An experience of death education among university students of social service and psychology. Healt Psychology Open, 5(2). doi: 10.1177/2055102918809759

Testoni, I. (2020). Psicologia Palliativa. Torino, Italia: Bollati Boringheri.

Testoni, I. (2015). L’ultima nascita. Psicologia del morire e Death Education. Torino, Italia: Bollati Boringhieri.

Weiser, J. (2014). Establishing the framework for using photos in art therapy (and other therapies) practices. Arteterapia, 9, 159-190

Weiser, J. (1999). Phototherapy Techniques: Exploring the Secrets of Personal Snapshots and Family Albums. London, England: Routledge

Weiskittle, R. E., & Gramling, S. E. (2018). The therapeutic effectiveness of using visual art modalities with the bereaved: A systematic review. Psychology Research and Behavior Management, 11, Article 9-24. https://doi.org/10.2147/PRBM.S131993

Worden, J. W. (1991). Grief counseling and grief therapy: A handbook for the mental health practitioner (2nd ed.). Springer Publishing Company.

 

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