“Il tocco dice sempre la verità”

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Si può comunicare con un tocco?

Nonostante negli ultimi 30 anni il tocco e le sue funzioni abbiano acquisito una sempre maggiore rilevanza nella letteratura scientifica, non esiste una sintesi completa della nostra attuale conoscenza sull’argomento. Un peccato, considerando che nella storia evolutiva della nostra specie la comunicazione non verbale in genere ha preceduto l’uso della parola come mezzo comunicativo, detenendo in tal modo il primato filogenetico e ontogenetico.

Da uno studio di Burgoon e colleghi emerge che, a causa della nostra eredità evolutiva, le persone tendono a fare maggiore affidamento sulla comunicazione di tipo non verbale rispetto a quella verbale, soprattutto in periodi da considerarsi stressanti. Il tatto, infatti, non è solo il senso più esteso, dal momento che si serve della pelle di cui il nostro corpo è interamente ricoperto come mezzo di conduzione, ma è anche il primo, tra i cinque, che si sviluppa all’interno dell’utero materno.

Citando Margaret Atwood, “il tocco dice sempre la verità”. Queste parole mettono in luce l’importanza e la potenza del tatto come strumento di comunicazione. Comunicare mediante il tocco, quindi, non solo è possibile ma provoca anche dei cambiamenti sistematici, sempre in relazione al contesto in cui ciò si verifica, che coinvolgono percezioni, pensieri, sentimenti e comportamenti sia della persona toccata che di quella che tocca.

Una definizione così ampia cela, in realtà, due aspetti, tra loro dissociabili, che meritano di essere approfonditi singolarmente. Il primo aspetto riguarda il fatto che attraverso il tocco, le proprie percezioni, i propri pensieri ed i propri sentimenti possono essere trasmessi ad un altro individuo. Ad esempio, si può comunicare amore attraverso una carezza sul volto così come paura mediante un tocco incerto e tremolante. Il secondo aspetto, invece, non riguarda il tocco come veicolo di pensieri o sentimenti, bensì il fatto che questi ultimi possono essere regolati dal tocco di un’altra persona. Infatti, chiunque, volendolo, può suscitare un’emozione positiva in altri senza dover necessariamente provare la stessa emozione.

Citando le parole di Hertenstein e colleghi (2006): “il tocco è onnipresente in tutto il mondo e tutte le culture condividono una comprensione comune dei significati di base del tocco perché esso svolge un ruolo chiave negli scambi umani fondamentali come l’aggressività, il comfort e l’attaccamento”.

Il tocco: un organo sociale

Proprio a causa della stretta relazione tra affettività e tocco, quest’ultimo viene anche definito come organo sociale, proprio per l’implicazione affettiva che ha. Basti pensare alle relazioni amorose. È stata dimostrata l’esistenza di recettori a livello cutaneo che consentono la percezione di piacevolezza, la cui stimolazione attiva anche l’area del cervello implicata nei meccanismi affettivi. Queste evidenze hanno permesso la formulazione di ipotesi riguardanti il rafforzamento dei legami sociali e romantici per il tramite della sollecitazione di questi recettori mediante il tocco. Quest’ultimo, quindi, implica una maggiore propensione alla socialità e al considerare un’altra persona piacevole.

Per quanto riguarda il tocco nelle relazioni, molti studiosi concordano sul fatto che la quantità di contatto è minore tra i membri di una coppia nella fase iniziale delle relazioni e raggiunge l’apice durante le fasi intermedie delle relazioni per poi diminuire dopo il primo anno di matrimonio. Nel complesso, la letteratura indica che sono necessarie elevate quantità di interazione tattile per stabilire relazioni intime e che, all’inizio delle relazioni, sono gli uomini ad avviare più spesso interazioni rispetto alle donne.

I dati, che emergono dalle ricerche di Beier e Sternberg e di Heslin e Boss, mostrano anche che la quantità e la qualità del tocco osservata tra le coppie riflette l’intimità e la felicità delle loro relazioni. I primi hanno filmato coppie sposate di recente mentre le intervistavano sul loro adattamento al matrimonio e hanno osservato il tocco autoriferito e il tocco nei confronti dell’altro. Ne è emerso che i membri delle coppie che hanno riportato la maggior quantità di felicità coniugale si sono toccate maggiormente ed è stata registrata una minore quantità di tocco autoriferito, rispetto a coloro che, invece, hanno riportato una bassa felicità coniugale. I secondi hanno osservato, in un aeroporto, il tipo di coinvolgimento tattile che si verificava tra i viaggiatori e chi li aspettava al terminal. Dall’analisi di queste interazioni si è profilata una relazione fortemente positiva fra l’intimità della relazione (riferita dalle persone prese in considerazione) e l’intimità tattile valutata dagli osservatori. Considerati insieme, questi studi indicano che la quantità e la qualità del tocco tra i membri delle coppie riflettono sia la soddisfazione relazionale che il grado di intimità della relazione che li unisce.

Si può soffrire di astinenza da tocco?

Il tocco permette anche di comunicare le emozioni in maniera diretta, semplice e spontanea a colui che lo riceve, il quale sarà in grado, secondo Hertenstein, di decodificare e differenziare, senza errori, almeno 8 emozioni a seconda del tocco ricevuto: rabbia, paura, felicità, tristezza, disgusto, amore, gratitudine, compassione. Un abbraccio può farci sentire importanti, una pacca sulla spalla può aiutare a confortarci in momenti di tristezza o farci sentire la vicinanza di qualcuno e una stretta di mano può smorzare la tensione o l’imbarazzo prima di un incontro.

Il tocco e il contatto fisico rappresentano un bisogno biologico primario per noi esseri umani (e non solo) a tal punto che ne soffriamo la mancanza con ripercussioni importanti anche sull’umore, il sonno e lo stress. Questo accade poiché il tocco della pelle, fra le altre cose, ha il potere di favorire il rilascio di ossitocina e serotonina (i cosiddetti ormoni dell’amore e della felicità), e di abbassare i livelli di stress. Infatti, è stato coniato un termine preciso per descrivere l’astinenza da tocco altrui ovvero “skin hunger”, letteralmente “fame di pelle”, sensazione che molti di noi, in questo ultimo periodo, probabilmente hanno avvertito a causa del necessario distanziamento per il contenimento della situazione pandemica. Questo distanziamento però ci ha permesso anche di intensificare la consapevolezza e la riflessione personale sull’importanza, spesso sottovalutata o data per scontato, di quel contatto venuto meno, facendoci così assaporare, grazie alla sua mancanza, la grandezza di tutte le sue potenzialità comunicative.

 

Di Francesca Diquattro

Bibliografia

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Hertenstein, M. J., Verkamp, J. M., Kerestes, A. M., & Holmes, R. M. (2006). The communicative functions of touch in humans, nonhuman primates, and rats: A review and synthesis of the empirical research. Genetic, Social, and General Psychology Monographs, 132(1), 5–94. https://doi.org/10.3200/mono.132.1.5-94

Heslin, R., & Boss, D. (1980). Nonverbal Intimacy in Airport Arrival and Departure. Personality and Social Psychology Bulletin, 6(2), 248–252. https://doi.org/10.1177/014616728062010

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Rubano, C. (2020, July 1). Skin Hunger, cos’è la “fame di pelle.” Crescita-Personale.it. https://www.crescita-personale.it/articoli/relazioni/vita-sociale/skin-hunger-fame-di-pelle.html

Willis, F. N., & Briggs, L. F. (1992). Relationship and touch in public settings. Journal of Nonverbal Behavior, 16(1), 55–63. https://doi.org/10.1007/bf00986879

 

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