Come scegliere una Scuola di Specializzazione in Psicoterapia a Padova e in Veneto

scuola psicoterapia padova

Scegliere una scuola di specializzazione in psicoterapia è un passo fondamentale per i neolaureati in psicologia che aspirano a diventare psicoterapeuti. In Veneto – e in particolare a Padova, sede di un’importante tradizione accademica psicologica – esistono numerose scuole riconosciute dal MUR (Ministero dell’Università e Ricerca), ognuna con un proprio modello formativo e un approccio teorico-pratico specifico. Orientarsi tra tante opzioni può essere impegnativo: ogni indirizzo (dall’approccio cognitivo-comportamentale a quello sistemico-relazionale, dall’umanistico-esistenziale al dinamico di matrice psicoanalitica) ha radici storiche diverse, utilizza strumenti differenti e si rivolge a tipi di utenti e problemi specifici.

Modello Cognitivo-Comportamentale

Se ti piacciono la ricerca, gli interventi strutturati, la raccolta di dati

Il modello cognitivo-comportamentale (spesso abbreviato in CBT, Cognitive-Behavioral Therapy) è un approccio nato intorno agli anni ’60, sviluppato da autori come Skinner, Beck e Ellis, di cui hai sicuramente già sentito parlare all’università. Questo modello pone al centro il legame tra pensieri, emozioni e comportamenti attuali. L’assunto è che modificando i pensieri disfunzionali e le abitudini comportamentali sia possibile alleviare i sintomi psicologici.

Quello che ci piace di questo approccio è che è pragmatico ed evidence-based: la ricerca e l’analisi di casi per testarne l’efficacia non si è mai fermata e questo lo rende un modello ancorato a terra, senza svolazzi teorici  e con una grande disponibilità a cambiare laddove si trovino spiegazioni più efficaci. Infatti, i testi fondativi risalgono alla seconda metà del Novecento e nel loro continuo aggiornamento, ora hanno integrato le più recenti ricerche scientifiche (dando vita alla cosiddette terapie di terza generazione come l’ACT e la CFT, di cui sono trainer nazionali alcuni soci del nostro centro). Quindi il modello cognitivo-comportamentale può essere considerato moderno e in evoluzione costante, piuttosto che basato su opere “classiche” storiche.

Destinatari e focus: Tradizionalmente la terapia cognitivo-comportamentale nasce per la terapia individuale su disturbi specifici (ansia, fobie, depressione, disturbi di personalità, ecc.), con protocolli strutturati e di breve-media durata. Tuttavia, le tecniche CBT sono state adattate con efficacia anche a interventi di coppia e di gruppo per specifici problemi (si pensi alla terapia di coppia comportamentale integrata, o ai gruppi per la gestione dello stress, ai gruppi DBT per il disturbo borderline, ecc.). In generale, è indicata per pazienti che cercano un approccio attivo e orientato agli obiettivi concreti, in cui il terapeuta assegna homework (“compiti a casa”) e insegna strategie di coping. Dal punto di vista della formazione del terapeuta, le scuole CBT nonostante professino l’importanza della costruzione dell’alleanza terapeutica e dell’empatia, pongono l’accento maggiore sull’apprendere protocolli e skill tecnico-operative (ad es. conduzione di colloqui strutturati, psicoeducazione, tecniche di problem solving, ecc.). Insomma, quello che a volte è un punto debole degli approcci cognitivo comportamentali classici (prima e seconda generazione) è lo scarso lavoro su di sé e la rigidità con cui vengono insegnati i protocolli, a discapito, appunto, dell’attenzione all’unicità del paziente e della relazione calda ed empatica. Questo problema è stato superato dai modelli di terza generazione, che invece pongono l’accento proprio sulla relazione col terapeuta e sull’importanza della crescita personale di quest’ultimo per garantire l’efficacia nella terapia. Se scegli questo filone, assicurati che nella scuola ci siano abbastanza ore di insegnamento riguardo ai modelli come l’ACT, la MBCT, la FAP, la CFT, la DBT e lezioni dedicate a comprendere e a praticare la mindfulness.

Strumenti insegnati: Le scuole ad orientamento cognitivo-comportamentale forniscono un ricco bagaglio di strumenti pratici. Tra questi, l’uso di test e questionari standardizzati per la valutazione (scale di ansia e depressione, inventari di personalità, questionari cognitivi) è comune. Si insegnano tecniche di ristrutturazione cognitiva (identificare e modificare i pensieri automatici negativi), tecniche comportamentali come l’esposizione graduale per le fobie o il training assertivo, e tecniche di rilassamento (training autogeno di base, rilassamento muscolare progressivo) per la gestione dello stress. Le terapie di terza onda hanno introdotto anche strumenti come la mindfulness, l’accettazione e pratiche ispirate alla meditazione, rendendo il tutto più caldo, empatico e dando più spazio all’espressione delle emozioni e della nostra umanità.

Luogo, frequenza e calendario a Padova/Veneto: In Veneto sono presenti diverse scuole cognitive riconosciute. A Padova vi è, ad esempio, l’Istituto di Terapia Cognitiva e Comportamentale (ITC) e la scuola PSIOP (Psicoterapia e Epistemologia Operativa), quest’ultima di orientamento costruttivista. A Verona troviamo sedi di network nazionali come Studi Cognitivi o l’Istituto A.T. Beck. Ciascuna scuola può avere un’organizzazione didattica leggermente diversa: alcune prevedono lezioni distribuite su un singolo giorno infrasettimanale fisso (ad es. ITC Padova svolge le lezioni una volta a settimana, il mercoledì o giovedì), altre adottano la formula week-end concentrando la didattica in un fine settimana al mese (ad es. PSIOP Padova organizza circa un week-end al mese, con orario 9-13 e 14-18 sia sabato che domenica). La durata della specializzazione è quadriennale, con un monte ore annuale tipico di ~500 ore (comprensive di lezioni teoriche, esercitazioni pratiche e tirocinio esterno di circa 100-150 ore l’anno). Le sedi delle lezioni in genere sono nelle città principali (Padova, Verona, ecc.), e la frequenza è obbligatoria almeno al 70-80% delle attività. Il calendario osserva normalmente una pausa estiva (luglio-agosto) e le festività nazionali, allineandosi con l’anno accademico (spesso i corsi iniziano tra gennaio e marzo di ogni anno).

Esempi e link utili: Oltre ai siti già citati, per maggiori dettagli sulle scuole CBT in zona si possono consultare il sito della “Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale” (che elenca istituti riconosciuti come ITC Padova) oppure il portale informativo Psicologia-Psicoterapia.it, che riporta un elenco aggiornato delle scuole di specialità suddivise per città e orientamento.

Modello Sistemico-Relazionale

Se ti piacciono le storie, gli intrecci della vita e ti affascina la teoria della complessità

Il modello sistemico-relazionale nasce negli anni ’50-’60 dal lavoro pionieristico di psicologi e psichiatri come Murray Bowen, Salvador Minuchin, Virginia Satir e dal celebre gruppo di Palo Alto (Gregory Bateson, Paul Watzlawick, ecc.). È un orientamento relativamente “giovane” rispetto alla tradizione freudiana, sviluppatosi nel contesto del boom della terapia familiare. I testi fondanti (ad es. Pragmatica della comunicazione umana, 1967) sono ormai considerati dei “classici” della psicoterapia sistemica, ma l’approccio ha continuato a evolvere integrando contributi recenti (teoria dell’attaccamento, modelli narrativi e multiculturali, ecc.). Si può dire che il sistemico-relazionale abbia solide basi teoriche di qualche decennio fa, ma sia ancora attuale e in aggiornamento, specie nell’applicazione a nuovi tipi di famiglie e contesti sociali. Vedere l’individuo come esito di un sistema molto più complesso e grande dei suoi soli pensieri è certamente il punto di forza di questo modello.

Destinatari e focus: La psicoterapia sistemico-relazionale, come suggerisce il nome, considera la persona nel contesto delle proprie relazioni, analizzando le dinamiche familiari e sociali che influenzano il suo benessere. Spesso viene applicata in terapie di coppia o familiari, in cui il “paziente” riflette l’intero sistema delle relazioni in cui è immerso (coniugi, genitori-figli, talvolta più generazioni). L’idea di fondo è che il sintomo individuale sia spesso l’espressione di un disagio dell’intero sistema famigliare o di coppia, e che quindi sia necessario lavorare sulle modalità di interazione fra i membri per risolverlo. Ciò non toglie che un terapeuta sistemico possa vedere anche pazienti individuali: in questo caso adotterà comunque una prospettiva relazionale, esplorando il contesto della persona (famiglia d’origine, rete sociale, dinamiche di attaccamento) e magari coinvolgendo indirettamente i familiari nel processo di cambiamento. Chi si rivolge a una scuola sistemica in genere è interessato a lavorare con famiglie, coppie e gruppi, affrontando problematiche come conflitti coniugali, disturbi nei figli adolescenti, dipendenze con impatto familiare, ecc. Le competenze relazionali e comunicative sono al centro: i futuri terapeuti imparano a gestire colloqui con più persone presenti, a mantenere una posizione di neutralità collaborativa e a osservare le complesse trame comunicative non verbali e verbali. L’empatia viene declinata come capacità di “risuonare” con ogni membro del sistema senza perdere l’equidistanza; per svilupparla, spesso gli allievi affrontano esperienze di self-exploration in gruppo e supervisioni in équipe (magari dietro lo specchio unidirezionale, strumento tipico di alcune scuole sistemiche).

Strumenti insegnati: Tra gli strumenti caratteristici appresi in una scuola sistemico-relazionale vi è il genogramma, un diagramma che registra graficamente la struttura e la storia della famiglia attraverso le generazioni, permettendo di individuare pattern ricorrenti (ad es. alleanze, conflitti, eventi critici). Gli allievi imparano a utilizzarlo per raccogliere informazioni e ipotizzare significati sistemici del sintomo. Vengono inoltre insegnate tecniche colloquiali specifiche come le domande circolari (che mirano a far emergere i diversi punti di vista dei membri della famiglia), il reframing (riformulare il problema in un’ottica diversa e meno colpevolizzante) e la prescrizione di rituali familiari o “compiti” paradossali (come nella tradizione della scuola di Milano di Mara Selvini Palazzoli). Alcune scuole introducono esercizi esperienziali quali il family sculpting (scultura familiare: disporre fisicamente i membri per rappresentare distanze emotive) o l’uso di metafore e storie terapeutiche. Generalmente non si enfatizza l’uso di test psicodiagnostici formali in ambito sistemico (il focus è clinico più che testistico), ma l’osservazione strutturata delle sessioni familiari spesso è parte integrante: ai corsisti può essere richiesto di registrare (audio/video) sedute simulate e reali per analizzarle in supervisione. Importante è anche l’apprendimento del lavoro in co-terapia (due terapeuti nella stessa stanza con la famiglia) e del lavoro di rete con i servizi (es. coinvolgere scuola, assistenti sociali, ecc., quando si tratta di casi complessi). Se il punto di forza del modello è considerare il sistema come focus dell’intervento, il punto debole è che, rispetto ad altri modelli, offre meno strumenti per lavorare sul singolo e sulle varie psicopatologie.Se ti immagini nel tuo studio a fare terapie individuali forse questo modello andrà integrato con strumenti provenienti anche da altri modelli.

Luogo, frequenza e calendario a Padova/Veneto: Padova è un centro formativo di rilievo per l’orientamento sistemico. Ad esempio, il Centro Padovano di Terapia della Famiglia (CPTF) offre una scuola quadriennale in psicoterapia sistemico-relazionale, con sede a Padova (e una sezione a Trieste). Un altro istituto veneto è l’Istituto Veneto di Terapia Familiare (ITFV), presente a Treviso e Verona, anch’esso parte del network nazionale delle scuole sistemiche. La formula didattica nelle scuole sistemiche tende spesso a prevedere weekend alternati: ad esempio, alcune organizzano due weekend al mese (es. venerdì pomeriggio, sabato e talvolta domenica mattina, a settimane alterne) in modo da consentire una frequenza regolare ma compatibile con eventuali attività lavorative dei corsisti. Altre possono avere moduli intensivi mensili. La frequenza è obbligatoria (in genere non oltre il 20% di assenze). Durante i quattro anni, oltre alle lezioni teoriche, sono previste molte esperienze pratiche: laboratori di role-playing sulle interazioni familiari, discussione di casi in gruppo e tirocinio presso centri di terapia familiare o servizi pubblici (spesso le scuole hanno convenzioni attive con ULSS locali o consultori familiari). Le scuole sistemiche valorizzano anche l’apprendimento tramite seminari con didatti esterni, convegni e giornate di studio su temi come la mediazione familiare o la sistemica applicata ai contesti organizzativi. I calendari didattici sono generalmente comunicati con largo anticipo e seguono l’anno accademico (ad esempio, molte scuole iniziano i corsi a gennaio e seguono fino a dicembre con pausa estiva).

Esempi e link utili: Oltre ai link già indicati, un punto di riferimento storico nazionale è il Centro Milanese di Terapia della Famiglia (fondato da Boscolo e Cecchin), di cui CPTF Padova è emanazione locale – sul loro sito si trovano articoli e risorse sulla terapia familiare. In Veneto, l’ITFV di Treviso (fondato dal prof. Pietro Barbetta) pubblica materiali utili, e anche la Società Italiana di Psicoterapia Relazionale offre informazioni sull’approccio. Se sei interessato alla mediazione sistemica (per conflitti familiari e separazioni), segnaliamo che alcuni istituti sistemici, come CPTF, organizzano corsi specifici su queste tecniche.

Modello Umanistico-Esistenziale

Se sei appassionato di arte, filosofia e cerchi un  significato da dare alla tua vita

Il modello umanistico-esistenziale comprende una famiglia eterogenea di approcci nati tra gli anni ’50 e ’70, in contrapposizione sia al freudismo classico sia al comportamentismo dell’epoca. Si ispira ai principi della psicologia umanistica (di Carl Rogers, Abraham Maslow, Rollo May, etc.) e alle filosofie esistenziali europee (Heidegger, Merleau-Ponty, Binswanger, Viktor Frankl). I testi “classici” includono opere come La terapia centrata sul cliente di Rogers (1951) o L’uomo in cerca di senso di Frankl (1946), ma più che su manuali standardizzati l’approccio si fonda su una visione dell’uomo positiva e orientata alla crescita. Si può dire che sia un orientamento in parte basato su testi classici (gli autori fondatori sono riferimento obbligato), ma che ogni scuola umanistica tende ad essere esperienziale e a evolvere con l’esperienza dei suoi terapeuti. Ad esempio, la Gestalt Therapy di Fritz Perls (altra corrente umanistica, 1951) è partita da idee fenomenologiche ma si è integrata con contributi contemporanei (neuroscienze, mindfulness, ecc.), e lo stesso dicasi per l’Analisi Transazionale di Eric Berne o la Bioenergetica di Alexander Lowen. La ricchezza di questo filone di modelli sono le grandi personalità che vi hanno contribuito, lasciando messaggi di speranza e di connessione e dal nostro punto di vista questo è certamente il punto di forza e il fascino di questi modelli, dove si incontra e si esplora la bellezza della mente umana, nelle sue ombre e nelle sue luci.

Destinatari e focus: La psicoterapia umanistica si rivolge tipicamente a individui (o gruppi) che cercano un percorso di crescita personale, di esplorazione di sé e di autorealizzazione. In sede terapeutica, promuove la crescita personale e l’autenticità, basandosi su un rapporto terapeutico empatico e di ascolto. La relazione terapeuta-paziente è vista come incontro autentico fra due persone: l’atteggiamento del terapeuta è accogliente, non giudicante, genuino e profondamente empatico (Rogers parlava di “considerazione positiva incondizionata”). Questo rende l’approccio adatto a chi desidera uno spazio individuale di comprensione e accettazione; tuttavia, molti orientamenti umanistici utilizzano anche format gruppali (ad esempio i gruppi d’incontro rogersiani, i workshop esperienziali gestaltici, le maratone di crescita personale anni ’70). Inoltre, alcuni terapisti umanisti lavorano con le coppie mettendo l’accento sull’ascolto reciproco empatico (si pensi all’Approccio Centrato sulla Persona applicato alla coppia, o alla Emotionally Focused Therapy di matrice umanistica). Nella formazione, le scuole umanistico-esistenziali dedicano grande attenzione allo sviluppo delle qualità umane del terapeuta: auto-consapevolezza, capacità di presenza nel “qui e ora”, competenze relazionali ed empatiche raffinate. Spesso gli allievi affrontano un percorso di terapia personale obbligatorio (individuale e/o di gruppo) per lavorare sui propri vissuti, e partecipano a gruppi esperienziali tra pari. L’idea è che un terapeuta possa facilitare la crescita altrui solo se ha fatto esperienza in prima persona di un percorso di crescita e ha coltivato autenticità ed empatia in sé stesso.

Strumenti insegnati: Gli strumenti nell’area umanistica variano a seconda della specifica scuola, ma condividono un carattere creativo ed esperienziale. Ad esempio, nelle scuole di Gestalt Therapy si imparano tecniche come la celebre “sedia vuota” (o delle due sedie), in cui si invita il paziente a dialogare con parti di sé o con figure importanti immaginate, per favorire l’emergere di emozioni e bisogni conflittuali. Si utilizzano molto le drammatizzazioni e i role-playing emotivi. Nell’Analisi Bioenergetica, orientamento a cavallo tra l’umanistico e il corpo, gli strumenti sono esercizi corporei: particolari posture, movimenti, respirazioni che aiutano il paziente a prendere coscienza delle proprie tensioni fisiche ed emozionali e a liberare l’espressione emotiva. Le scuole di ispirazione rogersiana puntano sul colloquio non direttivo: qui lo “strumento” principale è la relazione stessa, con tecniche conversazionali come la riformulazione e l’ascolto attivo. Molti approcci umanistici integrano anche tecniche artistiche ed espressive: ad esempio, l’uso del disegno e dei colori per esprimere l’inconscio (come avviene nell’art therapy e viene ripreso perfino da alcune scuole dinamiche), la musicoterapia (imparare a utilizzare il suono e la musica per favorire regressioni o espressione emotiva), la drammaterapia e la danza-movimento terapia. Alcune scuole, dette integrate espressive, forniscono competenze trasversali in arti-terapie da combinare con la psicoterapia verbale. Anche la dimensione del corpo e della voce può essere presente: ad esempio, il Training Autogeno (rilassamento profondo) e le tecniche di meditazione guidata vengono a volte incluse; l’uso della voce (toni, canti, urla liberatorie) è tipico di approcci come la psicoterapia della Gestalt o la Core Energetics.  Nel panorama umanistico rientrano anche approcci “corporei integrati” sviluppatisi in Italia, come la Psicoterapia Funzionale di Luciano Rispoli. Questa scuola (SEF, Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale, con sede anche a Padova) parte dall’idea di un’integrazione mente-corpo-emozioni ed è in evoluzione da oltre 40 anni. In sintesi, la cassetta degli attrezzi dell’orientamento umanistico è ampia e favorisce la creatività del terapeuta, il quale viene incoraggiato a padroneggiare vari strumenti per adattarli al processo del singolo paziente. Il punto di debolezza di questi approcci è talvolta lo scollamento rispetto alla Psicologia intesa come scienza di laboratorio, basandosi più sull’intuito e su “spiegazioni” che su teorie evidence-based. Insomma, alcuni dei modelli appartenenti a questa categoria rischiano di essere un po’ troppo “liberi” e di perdere il contatto con la scienza e con la teoria.

Luogo, frequenza e calendario a Padova/Veneto: In Veneto troviamo varie scuole rappresentative dell’orientamento umanistico-esistenziale. A Padova opera l’Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale (IPUE) “Luigi De Marchi”, che propone un percorso quadriennale riconosciuto orientato alla psicologia fenomenologico-esistenziale. Sempre a Padova ha sede il CISSPAT – Centro Italiano per lo Sviluppo della Psicoterapia a Breve Termine – che pur essendo di indirizzo dinamico integrato, include forti componenti umanistiche (ad es. training autogeno, tecniche di immaginazione guidata, ecc.). In regione esistono anche centri di Gestalt Therapy: la “Società Italiana Gestalt” ha avuto attività a Venezia, e alcuni didatti gestaltici operano a Vicenza e Verona (ad es. la sede distaccata dell’Istituto HCC Italy). Per l’Approccio Centrato sulla Persona (rogersiano) c’è lo IACP con una sede didattica a Trieste (non lontana dal Veneto) e attività formative a Mestre. Chi fosse interessato alle artiterapie può trovare a Padova e Venezia sedi di scuole di Arteterapia, Musicoterapia, Danzaterapia (ad es. Artedo e Lyceum) che, però non sono abilitative alla psicoterapia da sole.

Le modalità didattiche delle scuole umanistiche in genere prevedono molta esperienza diretta. La frequenza può essere a weekend mensili (ad esempio, l’Istituto Gestalt spesso organizza 10-12 weekend all’anno comprensivi di esperienze residenziali intensive) oppure settimanale in formula mista (qualche incontro serale + seminari intensivi trimestrali).  È comune che siano richieste ore aggiuntive di lavoro personale su di sé: alcuni istituti, come lo IACP rogersiano, richiedono almeno 100 ore di terapia personale certificata col proprio metodo per diplomarsi. Il clima formativo tende a essere molto partecipativo e di gruppo: gli allievi condividono esperienze, partecipano a maratone di crescita personale e creano un forte legame (spesso le classi sono piccole/coese). I calendari seguono anch’essi l’anno accademico, con inizio di solito a gennaio o in autunno; talvolta alcune scuole lasciano luglio/agosto per intensivi residenziali (es. workshop estivo di 4-5 giorni).

Esempi e link utili: Per scoprire di più su questi approcci, potresti visitare il sito dell’Associazione Italiana di Psicoterapia Centrata sul Cliente (area rogersiana), oppure leggere le informazioni che molte scuole forniscono nelle loro brochure online. Ad esempio, il CIPRA (Centro Italiano di Psicoterapia Relazionale e Analitica) di Padova offre un indirizzo fenomenologico-esistenziale, e l’Istituto “A. Adler” di Milano ha una sezione veneta per la psicoterapia individuale e di gruppo adleriana (umanistica nelle finalità).

Modello Dinamico (Psicoanalitico)

Se sei un esploratore del mondo interiore, ti affascinano i conflitti inconsci, vuoi comprendere le radici profonde del comportamento

Il modello dinamico, detto anche psicodinamico o psicoanalitico, è il più storico e tradizionale: le sue origini risalgono alla fine dell’800 con Sigmund Freud e la psicoanalisi. Negli oltre 120 anni trascorsi, il paradigma si è ramificato in molte scuole (freudiana ortodossa, junghiana, adleriana, psicologia del Sé, psicoanalisi relazionale, psicodramma analitico, ecc.), ma tutte condividono l’idea di base che i nostri vissuti attuali siano influenzati da dinamiche intrapsichiche profonde e inconsce, formatesi soprattutto nelle esperienze infantili. La psicoterapia psicodinamica è per definizione la “psicologia del profondo”, in cui il terapeuta guida il paziente verso le origini del sintomo o del disagio, esplorando la sua storia personale e le relazioni passate. I riferimenti teorici sono i grandi classici (Freud, Jung, Melanie Klein, Bowlby, Winnicott, etc.), e i testi fondazionali – pur risalenti ai primi e medi decenni del ’900 – rimangono tuttora studiati. Ciò detto, l’ambito dinamico ha anch’esso evoluto nuovi modelli: dalle moderne psicoterapie brevi dinamiche (es. ISTDP, AEDP) alle integrazioni con le neuroscienze dell’attaccamento (Allan Schore e neuropsicoanalisi). Dunque, scegliere una scuola ad indirizzo dinamico significa confrontarsi con un patrimonio teorico classico ma in continua rilettura alla luce di nuovi contributi. Tuttavia queste riletture ed evoluzioni non sempre sono ancorate nella scienza, e parole come “efficacia”, “protocolli”, “evidenze scientifiche” per molti rimangono una minaccia a spegnere la poesia e la narrazione affascinante che i vari modelli portano con sé.

Destinatari e focus: La psicoterapia dinamica tradizionalmente si svolge in setting individuale (terapia uno-a-uno), con frequenza alta (una o più sedute a settimana) e durata medio-lunga. È indicata per persone che vogliono capire in profondità se stesse, esplorando l’origine dei propri problemi emotivi e relazionali. Spesso si rivolge a chi soffre di disturbi di personalità, depressioni resistenti, problemi relazionali cronici, traumi infantili complessi, ovvero ambiti dove la mera eliminazione del sintomo non basta e serve una ristrutturazione profonda della personalità. Negli ultimi decenni si sono sviluppati però approcci dinamici anche per problemi più circoscritti (es. protocolli brief focalizzati su un conflitto specifico, terapie brevi psicodinamiche per attacchi di panico, ecc.). Inoltre esistono terapie dinamiche di gruppo (ad es. gruppoanalisi, psicodramma analitico) e persino di coppia (l’approccio psicoanalitico alla coppia di alcuni autori anglosassoni), sebbene non siano l’ambito principale. In generale, il focus è sul portare alla coscienza del paziente ciò che è inconscio o rimosso, interpretando i sogni, le fantasie, e analizzando la relazione che si instaura tra paziente e terapeuta (transfert) come specchio di dinamiche relazionali passate. Il ruolo del terapeuta è meno direttivo rispetto ad altri approcci: si privilegia l’ascolto fluttuante, l’astinenza (il terapeuta rivela poco di sé) e l’interpretazione piuttosto che l’offerta di consigli. Per formare tale capacità relazionale, le scuole dinamiche insistono moltissimo sull’analisi personale del futuro terapeuta: all’allievo è richiesto di intraprendere una psicoterapia o psicoanalisi individuale con un professionista accreditato esterno alla scuola, per un certo numero di ore ogni settimana. Questa esperienza è considerata fondamentale per sviluppare la sensibilità verso i processi inconsci propri e altrui, nonché una solida capacità empatica (intesa come sintonizzazione profonda, benché il terapeuta dinamico la esprima in maniera più “contenuta” rispetto a un rogersiano). Ad esempio, l’Istituto IREP di Roma/Padova richiede esplicitamente ai suoi specializzandi un training formativo personale in analisi con un terapeuta non docente, certificandone il monte ore a fine di ogni anno. Anche le competenze di gestione del setting (orari, limiti, gestione del silenzio) e di tolleranza della frustrazione fanno parte del bagaglio relazionale del terapeuta dinamico, e vengono acquisite con l’esperienza diretta e le supervisioni cliniche.

Strumenti insegnati: Le tecniche centrali della psicoterapia psicodinamica sono il colloquio clinico non strutturato, l’interpretazione del sogno e dei lapsus, l’analisi del transfert e del controtransfert (cioè delle emozioni reciproche che sorgono nella relazione terapeutica). Questi sono più che altro strumenti “concettuali” trasmessi attraverso la teoria e l’osservazione dei didatti. Tuttavia, nelle scuole dinamiche italiane si insegna spesso anche l’uso di alcuni test psicologici proiettivi e di personalità, utili per la valutazione clinica iniziale del paziente. Ad esempio, è frequente che nel piano formativo siano presenti corsi sul Test di Rorschach e sul TAT (Thematic Apperception Test), con un’interpretazione in chiave psicoanalitica dei contenuti emersi. Alcune scuole insegnano anche l’uso di strumenti come il Test di Luscher (test dei colori) o altri reattivi proiettivi grafici, proprio perché nella tradizione psicoanalitica il test è visto come ulteriore via di accesso all’inconscio. Oltre ai test, se la scuola ha orientamento psicodinamico integrato, possono comparire tecniche mutuate da altri approcci: ad esempio il CISSPAT di Padova (orientamento psicodinamico breve) insegna anche il Training Autogeno Superiore ad orientamento analitico, l’Ipnosi medica ericksoniana, l’uso clinico delle immagini mentali guidate (oniroterapia) e perfino alcune tecniche derivate dalla Gestalt come la già citata tecnica della sedia vuota. Queste aggiunte mirano ad ampliare gli strumenti terapeutici pur mantenendo una cornice teorica dinamica: l’idea è di saper modulare l’intervento in base al livello di profondità necessario, anche con approcci espressivi più attivi quando opportuno. Naturalmente, un ampio spazio è dedicato alle supervisioni cliniche: nelle scuole dinamiche spesso gli ultimi due anni prevedono che gli specializzandi presentino casi clinici seguiti da loro in tirocinio, analizzandoli in gruppo sotto la guida di un didatta, con particolare attenzione alle dinamiche transferali emerse. Infine, strumenti come il gruppo Balint (in cui i terapeuti in formazione analizzano collegialmente le proprie reazioni emotive verso i pazienti) sono utilizzati per affinare la consapevolezza delle dinamiche relazionali terapeuta-paziente.

Luogo, frequenza e calendario a Padova/Veneto: In Veneto ci sono vari istituti di formazione dinamica di lunga tradizione. A Padova opera la sede distaccata dello IREP (Istituto di Ricerche Europee in Psicoterapia Psicoanalitica) fondato dal prof. Giorgio Caviglia, che offre una specializzazione in psicoterapia psicoanalitica con sedi a Roma e Padova. Un altro ente storico è la COIRAG (Confederazione di Organizzazioni Italiane per la Ricerca Analitica sui Gruppi), che tra le sue scuole confederate include anche la Scuola di Psicoterapia Dinamica di Padova orientata alla gruppoanalisi (in passato la COIRAG ha attivato cicli in città come Padova o Torino, anche se bisogna verificare l’annualità corrente). A Torino ha sede la Scuola Adleriana, ma alcuni didatti adleriani sono presenti anche in Veneto per seminari. Il CISSPAT di Padova già citato integra dinamica breve e tecniche affini. Sulle frequenze di lezione, le scuole psicodinamiche tendono ad avere programmi piuttosto intensivi: spesso 2 week-end al mese. Ad esempio, l’IREP Padova organizza lezioni ogni due settimane circa, con orario venerdì pomeriggio (dedicato a esercitazioni o supervisione clinica) + sabato e domenica full immersion. Durante l’estate le lezioni sono sospese (luglio-agosto) e riprendono a settembre. Poiché la mole di teoria da coprire è ampia (dalla metapsicologia freudiana alle varie scuole post-freudiane), spesso queste scuole suddividono i corsi in annualità tematiche e richiedono esami orali a fine semestre e fine anno. Un tratto tipico è la durata quadriennale estesa o quinquennale: infatti, mentre tutte le scuole private riconosciute sono formalmente quadriennali, le specializzazioni universitarie in area dinamica (come Psicologia Clinica o Neuropsicologia a Padova) durano 5 anni. Ciò significa che anche nelle private di area dinamica il carico formativo può risultare molto denso, talvolta con un quinto anno facoltativo di perfezionamento. I tirocini per gli specializzandi dinamici vengono svolti preferibilmente in servizi clinici dove si pratica psicoterapia approfondita: reparti ospedalieri di Psicologia Clinica, centri di salute mentale, consultori (per l’ambito evolutivo), oppure studi privati di analisti dove possibile. La scuola generalmente offre aiuto nel trovare la sede convenzionata e segue il tirocinio con tutor dedicati. Come per gli altri orientamenti, anche qui vi sono seminari integrativi (ospiti internazionali, giornate su test proiettivi, etc.) e spesso gli specializzandi vengono incoraggiati a partecipare ai congressi delle società scientifiche psicoanalitiche per arricchire la loro prospettiva.

Esempi e link utili: Per chi volesse approfondire la differenza tra le varie sotto-scuole dinamiche: a Padova c’è una sezione della Società Italiana di Psicoanalisi (SIPs) e una sede locale del Centro Italiano di Psicologia Analitica (CIPA, junghiano). Sul sito dell’Ordine degli Psicologi del Veneto spesso sono pubblicate notizie su eventi e seminari psicoanalitici in regione. Un’altra risorsa utile è il già citato portale MUR con l’Elenco degli Istituti riconosciuti dove individuare tutte le scuole dinamiche presenti (basta filtrare per regione e indirizzo teorico). Infine, per avere un’idea del calendario tipo di una scuola psicodinamica, il sito IREP sopra menzionato mostra gli orari dettagliati delle lezioni a Roma e Padova, evidenziando la presenza bisettimanale e la divisione tra lezioni teoriche e supervisioni.

confronto scuole psicoterapia padova

Conclusione

Scegliere una scuola di specializzazione in psicoterapia a Padova o nel Veneto richiede dunque di incrociare molteplici fattori: l’orientamento teorico che più ti appassiona e in cui immagini di lavorare (e.g. preferisci un ruolo attivo e tecnico come in CBT, oppure senti più nelle tue corde l’ascolto profondo psicoanalitico o la creatività dell’approccio umanistico?); la tipologia di utenti con cui ti vedi a lavorare (se sogni di fare terapia familiare, una scuola sistemica è quasi d’obbligo; per lavorare nel campo delle dipendenze potrebbe essere utile l’approccio integrato, etc.); l’impostazione pratica della scuola (es. quanta enfasi su ricerca scientifica vs quanta sul lavoro personale); e naturalmente gli aspetti logistici di sede, tempi e costi.

È fortemente consigliato, prima di decidere, di raccogliere quante più informazioni possibili: visita i siti ufficiali delle scuole, scarica i programmi didattici dettagliati, partecipa agli Open Day (quasi tutte le scuole ne organizzano, spesso anche online), parla con ex-allievi o allievi attuali di quelle scuole per avere un’idea dall’interno. Nessuna classifica può dire quale scuola sia “migliore” in assoluto: la ricerca indica che non esiste una psicoterapia migliore delle altre in termini di efficacia generale, ma esiste la terapia più adatta a te come terapeuta e ai pazienti che vorrai curare.

Mantieni un approccio critico ma aperto: anche se ora sei convinto di un certo orientamento, durante la specializzazione potrai scoprire l’utilità di tecniche di altri approcci. L’importante è gettare basi solide. E ricorda che in Veneto hai la fortuna di avere un’offerta formativa ampia e di qualità: dalle antiche aule dell’Università patavina ai centri privati all’avanguardia, troverai certamente un luogo dove crescere come professionista e come persona.

In bocca al lupo per il tuo percorso da futuro psicoterapeuta!

 

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