Ansia da prestazione e qualità della performance

C’è una forte credenza che l’ansia da prestazione comprometta la performance. Di fatto, Craske e Craig (1984) l’hanno dimostrato oggettivamente attraverso un esperimento nel quale dei giudici indipendenti valutavano la qualità di una performance di pianoforte di studenti divisi in due gruppi, i meno ansiosi e i più ansiosi. I giudizi venivano dati ascoltando la registrazione dell’esecuzione fatta mentre ogni studente suonava da solo o davanti ad un pubblico. È emerso che i più ansiosi avevano una prestazione migliore da soli, mentre i meno ansiosi miglioravano la loro prestazione davanti ad un pubblico.

Metodi per il trattamento dell’ansia da prestazione

L’ansia da prestazione, proprio come lo stress, provoca:

  • sentimenti di paura e panico
  • disturbi nella concentrazione e nella performance
  • reazioni del sistema immunitario che inizia a funzionare in modo meno efficiente, come dimostrato da molte ricerche nel campo della PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia). Tra gli effetti del disequilibrio del sistema immunitario, è frequente riscontrare, nei musicisti, dolori alle spalle, alla schiena, alle braccia, alle dita, che vanno, col tempo, a compromettere la carriera e la qualità della vita.

Molti musicisti, riconoscendo il problema, ricorrono a libri di auto-aiuto sul tema o a strategie di coping, come la respirazione profonda, la meditazione, l’immersione nella musica, il distrarsi, la lettura (Steptoe, 1989). Una minor parte, comunque preoccupante, cerca soluzione nel problema ricorrendo a sedativi ed alcol. Una strategia a lungo termine è la preparazione e la pratica e il controllo di ogni minimo aspetto, anche contestuale, della performance. Alcune di queste strategie sono funzionali, altre, invece, possono risultare disadattive. È l’esempio di chi cerca di alleviare la propria ansia attraverso un controllo rituale delle ore che precedono la performance: ogni contrattempo che impedisca lo svolgimento del rituale sarà catastrofico e avrà l’effetto di aumentare l’ansia che precede la prestazione.

Trattamenti per l’ansia da prestazione musicale

Il supporto professionale del problema mette a disposizione due tipi di trattamento: il primo attraverso la farmacoterapia e il secondo attraverso la psicoterapia. Il primo trattamento è efficace nel diminuire gli effetti fisiologici e comportamentali dell’ansia da prestazione, ma può avere effetti collaterali e comporta il rischio di dipendenza.

Il secondo trattamento è la psicoterapia, che, rispetto al modello teorico cui fa riferimento, prevede l’impiego di diverse tecniche.

Ad oggi, solo il 25% dei musicisti con ansia da prestazione sono ricorsi ad un trattamento psicoterapico, e la riluttanza può essere attribuita:

  1. alla falsa credenza che chi si rivolge allo psicologo ha problemi di salute mentale;
  2. alla falsa credenza che l’ansia è buona per la performance e che, quindi, intervenire sull’ansia sia dannoso per l’esecuzione;
  3. alla mancata conoscenza del beneficio di un supporto psicologico rispetto a questo disturbo.

Come Affrontare l’ansia da prestazione

Affrontare l’ansia da performance significa imparare:

  • ad essere maggiormente consapevoli della risposta psico-corporea allo stress dell’esibizione
  • a sviluppare un atteggiamento non giudicante verso di sé e verso gli altri
  • a esplorare il valore della musica e del suonare, imparando a svincolarsi da regole, giudizi e confronti nocivi.

Questi obiettivi vengono raggiunti attraverso un percorso personale di crescita di 10-20 incontri settimanali di un’ora  ciascuno, nei quali verranno insegnate tecniche di mindfulness, di respiro e di rilassamento psico-corporeo.

Per ricevere informazioni, mandare una mail a l.casetta@psicoterapiafunzionale.it
Dott.ssa Laura Casetta

Bibliografia

Craske, M.G. & Craig, K.D. (1984). Musical performance anxiety: The three systems model and self-efficacy theory. Behaviour Research and Therapy, 22, 267-80.

Steptoe, A. (1989). Stress, coping and stage fright in professional musicians. Psychology of Music, 17, 3-11.

Mirowsky, J. & Ross, C.E. (1995). Sex differences in distress: Real or artifact? American Sociological Review, 60, 449-68.

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