Emozioni e psicoterapia: 5 regole per parlare e crescere nelle emozioni

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A volte capita che a noi psicoterapeuti venga chiesto in terapia o durante dei corsi di formazione: “Perché ho tutta quest’ansia, dottoressa?”, oppure “Mi sono svegliato nell’angoscia!”, “Non ne posso più di star così male”. Fortunatamente è da più di un secolo che la psicologia sperimentale si occupa di emozioni e così, in questo articolo, proviamo a riassumere le 5 regole più importanti che dobbiamo tenere a mente quando parliamo di emozioni con i nostri clienti.

1- TUTTE LE EMOZIONI SONO OK

Proviamo solo sentimenti ed emozioni che l’evoluzione VUOLE che proviamo. Ricordiamoci che proviamo ANGOSCIA perché ai nostri antenati, in qualche modo, è servito per rispondere a qualche bisogno importante legato alla sopravvivenza. Può essere che non sia così semplice comprendere PERCHE’ proviamo una certa emozione, ma ricordiamoci che anche se la nostra mente “pensante” non ne comprende il motivo o l’utilità, ogni emozione ci sta servendo a qualcosa e mostrando la via di ciò che conta per noi. Quindi la prima regola è validare tutte le emozioni perché i nostri clienti non sono sedie rotte da aggiustare (Greenberg, 2002).

Qualche consiglio pratico su questo punto:

  • Trovare SPIEGAZIONI spesso (sia chiaro, non sempre) dà sollievo al paziente nell’immediato ed è stato insegnato nella clinica per molti anni, ma è un modo poco funzionale a scoprire tutta la ricchezza e le risorse insite nell’emozione. Evitiamo questa scorciatoia di sollievo e ricordiamoci che la mente può trovare 1000 spiegazioni perché, come ci ci dice Gilbert, ma non solo, i fili e gli intrecci che ci portano ad essere ciò che siamo sono spesso fuori dal nostro controllo e sono infiniti!
  • Evitiamo di dire ai nostri pazienti “Non avere paura” o “La tua reazione è esagerata, sei sbagliato in questo”: li farà sentire sbagliati e sarà davvero poco utile a sviluppare un atteggiamento gentile e meno giudicante verso se stessi. Piuttosto proviamo ad essere empatici, diciamo “Capisco come ti senti, dev’essere difficile” o curiosi “Parlami di com’è, nel tuo corpo, provare questa emozione” o intimamente connessi “Com’è per te parlarmi di questo?”.

2- ALCUNE EMOZIONI SONO PIACEVOLI, ALTRE SPIACEVOLI

Quando parliamo di emozioni, sforziamoci di evitare termini come POSITIVE o NEGATIVE, parole giudicanti che vanno contro corrente alla prima regola che abbiamo detto qui sopra (Goleman, 2006). Di sicuro alcune emozioni, come la GIOIA sono piacevoli, altre, come la PAURA, sono spiacevoli. La piacevolezza non correla con l’utilità: a volte la gioia, anche se piacevole, può trarci in inganno e diventare unico scopo della vita, da conseguire a tutti i costi e con tutti i mezzi, come l’alcol, la droga, lo shopping compulsivo. Inoltre, da psicologi, ricordiamoci che lo stato MANIACALE, caratterizzato da una grandissima gioia e sicurezza di sé mette a repentaglio la nostra vita, esponendoci a pericoli, più di quanto faccia l’ansia, ed è, infatti, un grave disturbo descritto anche nel DSM 5.

3- RICORDIAMO QUALI SONO LE EMOZIONI BASE

Citiamo Inside Out della Pixar del 2015 che si basa sui concetti di emozioni di base e di emozioni complesse (Ekman, 1992; Izard, 1991). I personaggi di Inside Out (Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto) sono stati studiati a tavolino da due dei maggiori e più influenti psicologi delle emozioni a livello mondiale: Ekman e Keltner. I criteri che permettono di distinguere le emozioni di base, o primarie, da quelle secondarie, o complesse, sono che le prime hanno:

  • una determinata funzione di sopravvivenza per l’individuo,
  • sono riscontrabili in tutte le culture,
  • appaiono presto nello sviluppo,
  • sono associate a particolari pattern di modificazioni fisiologiche,
  • possono essere distinte nei primati e sono contraddistinte da particolari espressioni facciali.

Perché è importante ricordare quali sono le emozioni di base? Per far chiarezza e sottolineare che le emozioni sono universali, necessarie e che possiamo iniziare a guardarle con stupore e curiosità.

4 – LE EMOZIONI VARIANO NELL’INTENSITA’

Citiamo un altro film della Pixar, Big Hero 6 del 2014, che ci insegna a prestare attenzione all’intensità delle emozioni. Baymax, il robot bianco che fa da assistente sanitario al protagonista Hero, chiede l’intensità del dolore percepito in una scala da 1 a 10. Ma ai nostri pazienti possiamo chiedere anche quanto una emozione è spiacevole, quanto è attivante, come ci insegna il MODELLO DIMENSIONALE delle emozioni (Casetta, Rizzi, 2018).

5- DIAMO DEI NOMI AI NOSTRI STATI D’ANIMO

La paura può essere Terrore, Panico, o Preoccupazione, Ansia, Inquietudine (anche se Ansia e Paura sembrano avere dei tratti distintivi di cui però non è argomento del presente articolo) e la Rabbia può essere Furia, Fastidio o Rancore. Shaver ha fatto un lavoro di diversi anni per individuare le parole usate per descrivere le emozioni, traslato in italiano da diversi ricercatori tra cui, per affetto e stima, cito V. L. Zammuner, che molto mi ha insegnato sulle emozioni. Il modello prototipico di Shaver è utile nella psicologia clinica: insegnare a descrivere con termini di livello gerarchicamente sempre più basso e accurato le diverse emozioni è alla base della capacità di rappresentare i propri stati interni e poterli guardare con maggiore distanza, per non esserne sopraffatti (Germer, 2009). Il training rivolto a questo scopo insegna al paziente a etichettare inizialmente il proprio stato interno con una emozione prototipica come “rabbia“, poi lo invita a distinguere le diverse sfumature della rabbia, come il fastidio, l’ira, l’ostilità e così via. Questo processo linguistico permette una integrazione tra diversi Sistemi dell’organismo, e promuove lo sviluppo della Consapevolezza, intesa come capacità di integrare tra loro più informazioni provenienti da canali sensoriali diversi e metterle in relazione con informazioni contestuali di tipo temporale, gerarchico, causale, ecc. Un elenco utile per imparare a familiarizzare con diversi termini emotivi è presente nella scheda Ascolto della musica in Musica, Emozioni e Psicoterapia del 2018 di Casetta e Rizzi.

Ricordiamoci: le emozioni ci indicano la strada per crescere e per rendere la nostra vita ricca di significato, impariamo a conoscerle e ad usarle nella psicoterapia!

 

Laura Casetta

Psicologa Psicoterapeuta, fa parte dell’Associazione di Psicologia Funzionale di Padova. Si occupa di psicoterapia con adulti, è codificatrice FACS e ha scritto un capitolo in Le emozioni nella pratica psicologica Cleup, curato da Kermol, E. e Iacono, M. (a cura di) nel (2015) intitolato Quando il viso rivela ciò che le parole non dicono: FACS e psicoterapia.  Fa formazione sull’intelligenza emotiva con le colleghe Pesce e Trabucchi e svolge traning per bambini sull’intelligenza emotiva.

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Bibliografia

Casetta, L., & Rizzi, L. (2018). Musica, emozioni e psicoterapia. Upsel Domeneghini Editore, Padova.

Ekman, P. (1992). An argument for basic emotions. Cognition & emotion6(3-4), 169-200.

Germer, C. K. (2009). The mindful path to self-compassion: Freeing yourself from destructive thoughts and emotions. Guilford Press.

Goleman, D. (2006). Emotional intelligence. Bantam.

Greenberg L. S., & Angus, L. (2004). The contributions of emotion process to narrative change in psychotherapy: A dialectical constructivist perspective. In L. Angus & J. McLeod (Eds.), The handbook of narrative and psychotherapy (pp. 331–350) London, England: Sage.

Greenberg, L. S. (2002). Emotion-focused therapy: Coaching clients to work through their feelings. Washington, DC: American Psychological Association. doi:10.1037/10447-000

Izard, C. E. (1991). The psychology of emotions. New York, NY: Plenum.

Padua IV, V. Z. U. O. (1998). Concepts of emotion:” Emotionness”, and dimensional ratings of Italian emotion words. Cognition & emotion12(2), 243-272.

Shaver, P., Schwartz, J., Kirson, D., & O’connor, C. (1987). Emotion knowledge: further exploration of a prototype approach. Journal of personality and social psychology52(6), 1061.

 

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