Il Lutto: conosciamolo e comprendiamolo

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Cos’è il lutto?

Il lutto è il sentimento di dolore che si prova per la perdita, in genere, di una persona cara.

In psicologia, si identificano con il costrutto del lutto tutti i forti sentimenti e gli stati mentali derivati da accadimenti, più o meno improvvisi, che generano sofferenza o che hanno un forte impatto psicologico e/o che presuppongono una modifica nella vita della persona (la perdita del lavoro, la separazione dal coniuge, l’interruzione di un legame significativo, la morte di una persona cara, ecc) (Pesci, 2014).

Il lutto è anche un processo psicologico individuale, familiare e sociale conseguente alla morte di una persona cara e durante il quale il dolore provocato dalla sua perdita, segue diverse fasi che condurranno alla riorganizzazione e all’accettazione dell’evento luttuoso (Solomita e Franza, 2020)

Nella lingua italiana si possono distinguere il lutto (riferito all’esperienza) e il cordoglio (riferito al dolore), nella lingua inglese, invece, si contraddistinguono “bereavement” (riferito alla perdita di una persona per decesso), “grief” (riferito ai comportamenti e sentimenti legati alla perdita) e “mourning” (riferito alle espressioni sociali in risposta alla perdita e al cordoglio, compresi i rituali funebri).

Secondo John Bowlby (1980), pioniere della teoria dell’attacamento, quindi dell’importanza dell’instaurarsi del legame d’affetto e sicurezza con le persone che si prendono cura di noi sin dall’infanzia, afferma che: dato che il fine di un comportamento di attaccamento è mantenere un legame affettivo, maggiore è il pericolo della perdita, più intenso e multiforme è il tipo di azione attivata per impedirla. Se l’attività di protesta raggiunge il suo scopo, il legame è recuperato e le varie attività cessano, alleviando così lo stato di sofferenza e di stress; se invece lo sforzo non ha buon esito, prima o poi i tentativi vengono meno pur non cessando del tutto: tali tentativi vengono rinnovati a intervalli sempre più lunghi e vengono nuovamente sperimentati il dolore e la sofferenza. Secondo Bowlby, nei processi del lutto si possono osservare i processi psicologici innescati dalla perdita della figura di attaccamento, i quali possono portare ad un recupero della capacità di stabilire e mantenere legami affettivi o, al contrario, ad una menomazione di tale funzione.

La conseguenza dei vissuti emotivi ed esperienziali nel periodo che segue la perdita (caratterizzato da alta criticità), può essere l’esacerbazione o l’incremento di disturbi psichici aggravati dalla paura, dall’autoisolamento e dal distanziamento fisico che possono condurre ad un aumento dei fenomeni suicidari (Gunnel et al. 2020).

 

L’elaborazione del lutto

L’elaborazione del lutto consiste in una ricostruzione di una nuova struttura di significato, nel trovare una nuova modalità di senso nell’organizzazione dell’esperienza. Quando il lutto progredisce, il sopravvissuto integra gradualmente la «storia dell’evento» della morte all’interno della sua narrativa di vita ricavando una sicurezza di attaccamento dalla «storia passata» di una relazione con la persona deceduta: man mano che la perdita viene integrata la persona riconosce la realtà della morte, mantiene un accesso ad emozioni sia positive che negative, rivede la rappresentazione mentale della persona deceduta e la natura del legame, formula una coerente narrazione della perdita e ridefinisce obiettivi e ruoli di vita (Pesci, 2014).

Per molte persone il dolore non va mai via completamente, ma passa in secondo piano. Pensieri e ricordi dei propri cari sono profondamente intrecciati nella mente di una persona, che definiscono la loro storia e colorano la loro visione del mondo. La mancanza del defunto può essere una parte importante della vita di chi è in lutto, ma non interrompe l’esistenza a meno che una persona non presenti le caratteristiche di un lutto complicato, il quale è una forma di dolore che si “impadronisce” della mente di una persona, tanto che gli individui con lutto complicato spesso dicono di sentirsi “bloccati” (Neimeyer et al., 2011; Neimeyer, 2012).

Alcuni studiosi hanno notato che la presenza di sentimenti positivi nei 6 mesi successivi all’evento viene considerata come un segno di resilienza e associata a una prognosi positiva nella risoluzione del lutto.

Solitamente, il processo di lutto si elabora e risolve in 6-12 mesi in media, la scelta di rivolgersi ad uno psicologo rappresenta una soluzione per diminuire i tempi di elaborazione ed è quindi a discrezione, una scelta molto personale e soggetiva.

Diversamente, coloro che non riescono ad affrontare la perdita in 6-12 mesi possono sperimentare una forma più complessa (il “lutto complicato”) con sintomi di distress da separazione (desiderio di stare con quella persona o dolore) e sintomi di distress post-traumatico (rabbia, evitamento di ricordi sulla persona, pensiero di non farcela). Questi soggetti percepiscono sé stessi come intrappolati in un loop di emozioni negative che gli impediscono di continuare con la propria vita e possono mettere in atto forme di comportamento disfunzionali, come un eccessivo coinvolgimento in attività legate alla persona scomparsa, evitamento del contesto sociale o isolamento e chiusura in un mondo fatto di pensieri e sogni riguardanti il defunto.

Una non elaborazione del lutto, può portare al lutto patologico dando origine ad una condizione di disagio persistente in cui la persona prova emozioni negative che a lungo andare possono creare traumi profondi, fino alla diagnosi di disturbo post traumatico da stress o di disturbo da lutto persistente (Dell’Osso et al., 2013)

Le fasi di elaborazione del Lutto

Il modello maggiormente utilizzato per descrivere le fasi dell’elaborazione del lutto venne proposto dalla psichiatra Kübler Ross nel 1969 con la “Teoria delle cinque fasi del lutto”, teorizzando il processo che porta ad elaborare la perdita:

  1. Fase della negazione o del rifiuto: “non è possibile, non ci credo”, si tende a negare la perdita e rifiutare la realtà come meccanismo di difesa;
  2. Fase della rabbia: “perché proprio a me? Cosa ho fatto per meritarmelo?”, si può sperimentare ritiro sociale, solitudine e necessità di direzionare il dolore e/o la sofferenza esternamente o internamente, vivendo il lutto come un’ingiustizia;
  3. Fase della contrattazione o del patteggiamento: “se supero questo momento, non farò più errori”, si cerca di riacquisire l’esame di realtà e trovare delle strategie per affrontare il problema;
  4. Fase della depressione: “non posso farcela, la mia vita così non va”, si prende consapevolezza della perdita, pensando a cosa non si potrà più condividere;
  5. Fase dell’accettazione del lutto: “ora bisogna andare avanti”, si arriva alla totale elaborazione ed accettazione della perdita, si comprende di non essere gli unici ad avere quel dolore e che la morte è inevitabile.

Le fasi del lutto non sono obbligatoriamente presenti in modo sequenziale, bensì possono presentarsi con tempi e modalità diverse da persona a persona, possono anche alternarsi e ripresentarsi più volte nel corso del tempo.

Più tardi, Bowlby (1980) cercò di individuare i processi psicologici che intervengono nell’elaborazione della perdita, sintetizzandoli in quattro fasi, non lineari:

  1. Stordimento”, è caratterizzata dal rifiuto della notizia. La persona pur avendo riconosciuto cognitivamente l’evento, emotivamente lo rifiuta. Questa fase generalmente è caratterizzata da una calma innaturale che può essere interrotta da scoppi intensi di dolore o rabbia.
  2. Struggimento” dove la realtà della morte viene riconosciuta in occasione dell’organizzazione e della partecipazione al funerale, cioè l’occasione del “decesso pubblico”. Si ha tipicamente la comparsa improvvisa di scoppi di pianto, in particolare quando la persona parla del defunto, un pianto che ha un notevole significato adattivo. La frustrazione conseguente all’impossibilità del ricongiungimento genera rabbia che si può manifestare in diversi modi: contro se stessi, contro altri o contro il defunto.
  3. Quando la persona si rende conto che il proprio caro non potrà ritornare, si apre la terza fase, della “Disorganizzazione”, che comporta una revisione di se stessi e della situazione: la persona si sente depressa e apatica e si distanzia da amici e parenti.
  4. Infine, nella “Riorganizzazione” l’individuo può iniziare a costruire il proprio nuovo modello di vita, si tratta di una fase in cui cambia la narrativa di vita e il legame con il defunto.

Di fronte alla perdita di una persona cara, lo shock emotivo e il senso di incredulità possono ritardare l’immediata consapevolezza dell’evento. Quando lo shock emotivo si esaurisce, le emozioni provate che rimangono possono essere un combinazione di ansia, depressione, rabbia, impotenza e senso di colpa (Siggins, 1966).

Dopo quanto detto precedentemente, è bene ricordare che il dolore è individuale e unico e non può essere ordinatamente classificato.

Il disagio è proprio di chi sta soffrendo: non ci sono assoluti nel dolore, non ci sono reazioni universali che tutti devono sperimentare (Pesci, 2014). Ognuno di noi reagirà nelle sue modalità, che possono essere diverse o simili a quelle di qualcun altro, più o meno efficaci, è a discrezione dell’individuo decidere di chiedere aiuto, sia per un lutto “normale” che “complicato”, gli si devono lasciare i suoi tempi, per elaborare sia la perdita che la decisione di aver bisogno di aiuto o meno.

 

Giada Zambotto

Bibliografia

Bowlby, J. (1980). Attaccamento e perdita. Vol. 3: La perdita della madre. Torino: Boringhieri;

Dell’Osso, L., Carmassi, C., & Shea, K. (2013) Dal lutto complicato al persistent complex breaverment disorder. Journal of Psychopathology 2013, 185-190;

Gunnel et al. (2020). Suicide risk and prevention during the COVID-19 pandemic. Lancet Psychiatry;

Kubler-Ross E. (1970). On Death and Dying. MacMillian Publishing Co, [Trad. It. La morte e il morire. 13 edizione; Cittadella, 2013];

Neimeyer, R. A., Harris, D.L., Winokuer, H.R. e Thornton, G.F. (2011). Grief and Bereavement in Contemporary Society: Bridging Research and Practice. New York: Routledge;

Neimeyer, R. A. (2012). Techniques of Grief Therapy: Creative Practices for Counseling the Bereaved. New York: Routledge;

Pesci, S. (2014). Sostegno psicologico e psicoterapia con il lutto e il lutto complicato. In Psicottà.it, pubblicato dal 5 giugno 2014;

Siggins, L. D. (1966). Mourning: A critical survey of the literature. The International Journal of Psychoanalysis, 47(1), 14–25;

Solomita, B. e Franza, F. (2020). Bareavement “without body” – Lutto “senza corpo”. https://www.researchgate.net/publication/341071289.

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