La Paura dell’Acqua: Riconoscerla Tra Classificazioni e Interventi

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acqua

Classificazione

In primis, è utile definire la differenza tra semplice paura e fobia. La paura dell’acqua si può definire come timore situazionale rispetto ad un pericolo possibile o ,quanto meno, concretamente ipotizzabile. Può essere sperimentata da chiunque, a prescindere dal tipo di esperienze riguardo l’acqua. Non chiunque invece è soggetto a continue, irrazionali preoccupazioni e ansie proprie del soggetto fobico, legate non solo all’acqua in se, ma anche ad oggetti, luoghi, persone o attività, senza particolari motivi apparenti. Il senso di pericolo è costante compagno del fobico  che reagisce eccessivamente, a volte, anche alla sola visione dell’acqua.

Per comprenderne la classificazione, è necessario conoscere l’origine di questa paura. Tramite la casistica che andremo ad analizzare è possibile infatti definire le varie tipologie di paure a partire da come esse si instaurano nella mente delle persone. La paura dell’acqua può perciò presentarsi in momenti diversi durante il corso della vita. E’ chiaramente più presente nei bambini, senza tralasciare gli adulti. L’insorgere dei sintomi fobici può essere ricondotto non solo ad esperienze traumatiche vissute personalmente o dagli affetti più intimi, ma anche a fattori non associativi ,non legati quindi a processi di apprendimento o condizionamento. Con fattori associativi intendiamo esperienze che portano le persone ad associare la paura con un determinato stimolo, attraverso processi detti di condizionamento o apprendimento. E’ semplice intuire come una persona possa sentirsi sopraffatta se esposta ad eventi forti come la morte, infortuni o incidenti, in prima persona o da spettatore. E’altrettanto facile aspettarsi di notare delle differenze nel comportamento assunto dopo il trauma. Le differenze individuali indirizzano poi il comportamento stesso e il recupero, positivamente o negativamente. Risulta invece più difficile capire come questa fobia possa agire senza che il soggetto sia venuto a contatto con lo stimolo fobico. L’acqua è un elemento particolare. Vi sono infatti paure “innate”, come la paura dell’ignoto, che si personificano efficacemente tramite l’acqua: paura di cadere, lasciarsi andare, perdere il controllo, morire, soffrire emotivamente o fisicamente, rimanere senza fiato, essere abbandonati o giudicati. Queste diverse paure possono essere figlie di retaggi evoluzionistici che giungono sino a noi tramite il nostro codice genetico, che ha prediletto gli stimoli da tramandare al fine di tenerci al sicuro. La paura dell’acqua  può quindi racchiudere dentro di sé numerose altre paure, rendendola una delle paure a cui siamo più facilmente predisposti. Sono naturalmente da considerare tutti i diversi sintomi e preoccupazioni che intervengono a seconda dell’età del soggetto, che da puramente innati divengono naturalmente sociali e di comunità (Da paura innata dell’acqua a vergogna/insicurezza/giudizio).

Queste diverse aree che compongono lo schema fobico ci aiutano a nominare alcune effettive diverse paure o fobie nei confronti dell’acqua. In primis, l’idrofobia è descritta come un anomala avversione per l’acqua e le attività legate ad essa, come il nuoto o la navigazione. Da non confondere con l’idrofobia intesa in termini medici in contesti come la rabbia. Diversa dall’idrofobia (o acquafobia) è la talassofobia, che riguarda la paura degli specchi d’acqua profondi, come laghi o il mare aperto. Questa paura è profondamente legata a quanto descritto in precedenza, come la paura di morire o dell’ignoto, la paura della solitudine o del buio. Vi sono inoltre soggetti che non sembrano essere spaventati prettamente dall’acqua, ma dalla possibilità di morire annegando. Questi sarebbero influenzati dalla confidenza nelle proprie abilità di nuoto e/o dagli affetti, che li scoraggiano ad affrontare ciò che li spaventa.

Interventi

Le possibilità di intervenire nel campo delle fobie sono molteplici. Noi andremo considerando come agiscono i professionisti nel campo della psicologia moderna. Tutti i principali paradigmi psicologici si sono confrontati con la risoluzione di casi di fobie specifiche. La paura o fobia dell’acqua rientra tra questi.

Nel corso della storia scientifica si sono succeduti diversi schemi interpretativi che hanno posto l’accento su componenti differenti a seconda dell’orientamento degli studiosi. Gli interventi si dividono tra interventi comportamentali e psicologici. I primi sono empiricamente verificati e rappresentano la base per il trattamento secondo la scuola cognitiva-comportamentale. I secondi sono invece meno verificabili e più tendenti all’analisi profonda dei contenuti riportati dai soggetti. La scuola cognitivo comportamentale si propone di sconfiggere la fobia attraverso alcuni fondamentali passaggi: l’esposizione, quindi un controllato e progressivo avvicinamento allo stimolo fobico, il modellamento del comportamento attraverso l’esempio del terapeuta e dei familiari, e la desensibilizzazione sistematica. Quest’ultima è composta da due parti: una prima, in cui si insegna al paziente come rilassare profondamente il corpo dal punto di vista muscolare, ed una seconda in cui si affrontano gradualmente situazioni ansiogene per la persona. Con l’aiuto del professionista bisognerebbe sottoporre il soggetto ad accertamenti sulle abilità di nuoto, che sembrerebbero correlare , quando poco sviluppate, con un aumento dei sintomi fobici. L’evitamento dell’acqua è quindi fondamentale per il mantenimento della paura.E’ quindi fondamentale prendere in considerazione il contesto in cui la paura si è formata per comprendere come agire. Le figure che affiancano il bambino o l’adulto dovrebbero incoraggiare chi soffre a cimentarsi nelle attività che li spaventano assieme, in modo tale da sostenere e fornire esempio a chi ha paura. Sono importanti interventi anche a livello di formazione esterna alla famiglia, come corsi di  nuoto particolareggiati o seminari di informazione ed aggiornamento. E’ importante riuscire a rompere il circolo vizioso che porta la persona ad evitare continuamente ciò che la spaventa. Esponendosi progressivamente si riesce infatti a diminuire la risposta che il soggetto dimostra quando incontra lo stimolo.

Quando la paura dell’acqua si rivela invece essere personificazione di fantasmi incorporei, la via terapeutica di analisi rappresenta l’alternativa sicuramente più valida. Attraverso l’analisi personale è possibile definire meglio fattori che risultano spesso evidenti al terapeuta, ma non al soggetto. Conoscersi aiuta a spiegare le origini di questa fobia specifica, chiarendo al professionista il percorso migliore da intraprendere. Inutile precisare come ogni caso sia a se stante e risulti difficile generalizzare le tipologie di intervento a lungo termine. La scuola psicoanalitica infatti predilige una tipologia di intervento personalizzato, basato su pensiero inconscio e storia del paziente, ricchi di simbologie utili a raggiungere il nucleo contestuale costituente la paura.

Riassumendo, possiamo essere sicuri che l’aiuto da parte della famiglia e degli amici, insieme con i professionisti, sia fondamentale per superare la paura dell’acqua. Quando i sintomi si rivelano essere rappresentazione di qualcosa di più profondo, sarebbe utile domandarsi con un esperto quali siano le vere cause del comportamento fobico. La paura dell’acqua sembrerebbe quanto di più istintivo possibile, ma si rivela spesso portatrice di significati e timori molto meno concreti di quanto si possa pensare.

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Stefano Guidi.

Bibliografia

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(Received 26 August 1996)

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