Processo al narcisismo

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Personalità, relazioni e comunicazione

Quante volte ti sarà capitato di sentire il termine “narcisismo”? Al giorno d’oggi lo si ritrova un po’ in “tutte le salse”, soprattutto sui social.

Nel linguaggio comune questo termine viene spesso associato a comportamenti egoistici, egocentrici o vanitosi. Tuttavia, si tratta di un utilizzo improprio e distorto che non riflette accuratamente il suo significato psicologico. Ecco la ragione per cui, in questo articolo ci siamo posti l’obiettivo di fare chiarezza sul concetto di “narcisismo”, così da promuoverne una comprensione più accurata. Dunque partiremo dall’origine del termine e dalle teorie psicologiche principali sul narcisismo, fino ad arrivare ai falsi miti sulla personalità narcisistica e il grande tema del narcisismo delle relazioni amorose.

Il mito di Narciso

Il termine “narcisismo” deriva dalla mitologia greca, più precisamente dal mito di “Narciso” raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio, di cui avrai sicuramente sentito parlare. Nel mito, Narciso è un giovane cacciatore di straordinaria bellezza, talmente preso da se stesso da respingere ogni forma di amore o affetto da parte degli altri. Questo atteggiamento provoca l’ira della dea Nemesi, che decide di punirlo inducendolo ad innamorarsi della propria immagine riflessa. La prima volta che Narciso osserva la sua immagine in uno specchio d’acqua, se ne innamora, senza rendersi conto che si tratta del suo stesso riflesso. Questo amore impossibile lo consuma fino a spingerlo alla morte, trasformandolo infine nel fiore che porta il suo nome (Balocco, 2018). Questo mito offre un potente simbolismo sulla vanità e sull’egoismo, che possono essere causa di distruzione e solitudine interiore.

Narcisismo in psicoanalisi

Il termine è stato poi ripreso in psicologia, in primis dalla psicoanalisi. Sigmund Freud è stato tra i primi ad introdurre questo concetto all’interno della psicoanalisi, grazie al suo famoso manoscritto “Introduzione al narcisismo” (Freud, 1914). In esso considera il narcisismo come una fase dello sviluppo tipico del bambino, che si colloca tra l’autoerotismo (in cui il bambino esplora il suo corpo per darsi piacere) e l’amore oggettuale (fase in cui l’energia sessuale si trasferisce dall’interno all’esterno, ovvero l’infante desidera amore e affetto da parte dell’altro, solitamente da una figura parentale o da un’altra persona significativa). Freud distingue due forme di narcisismo: il primario e il secondario. Nel primario, il bambino ha l’illusione narcisistica di essere perfetto e onnipotente. Il bambino si nutre delle gratificazioni ricevute dalle figure genitoriali, creando così una riserva di libido (o anche detta pulsione sessuale, che, secondo Freud, mira alla conservazione della specie) per mantenere una sana autostima e per poter eventualmente investire in relazioni esterne. Il narcisismo secondario è un movimento contrario rispetto a quello del narcisismo primario. Se nel primo l’investimento passa dall’interno verso l’esterno, nel narcisismo secondario, le cariche libidiche vengono ritirate dalla realtà esterna per essere reindirizzate all’Io del soggetto. Questa controparte viene usata da Freud per spiegare come alcuni soggetti manifestino egoismo, onnipotenza e vanità, che sono da considerarsi tratti di personalità, non patologie (Freud, 1914).

Successivamente, Kohut (1971) fornisce ulteriori contributi al concetto di “narcisismo”, in relazione alla sua teoria della Psicologia del Sé. Fin dalla nascita, l’essere umano possiede il così detto “Sé nucleare”, ovvero una componente innata dell’individuo che ha bisogno di interagire con l’ambiente esterno per svilupparsi pienamente. La sua teoria introduce il concetto di oggetti-sé, ovvero figure esterne che soddisfano i bisogni narcisistici del bambino: essere visti come perfetti e idealizzati.

Durante lo sviluppo, queste funzioni dei primi oggetti-sé vengono gradualmente sostituite dal “Sé grandioso” e “dall’imago parentale idealizzata”. Il Sé grandioso promuove l’approvazione e l’accettazione dell’esibizionismo del bambino, mentre l’imago parentale idealizzata consente al Sé di identificarsi con una rappresentazione idealizzata dei genitori. Kohut evidenzia che nel corso dello sviluppo queste configurazioni vengono superate tramite le “interiorizzazioni trasmutanti”, ovvero i bambini attraverso l’esperienza di fallimenti e frustrazioni sono in grado di soddisfare da sé i loro bisogni narcisistici.

A differenza di Freud, Kohut si concentra principalmente sulla psicopatologia legata al narcisismo. Egli sostiene che, se durante lo sviluppo il bambino non affronta adeguatamente le frustrazioni, può incorrere in due tipi di narcisismo: “narcisismo non consapevole” che consiste in egocentrismo e aggressività a causa di un Sé grandioso non regolato, “narcisismo ipervigile” che si distingue per ipersensibilità al giudizio e per l’evitamento dell’attenzione altrui ed è causato da un mancato ridimensionamento dell’imago parentale idealizzata (Kohut, 1971).

Similarmente, Kernberg (1984) si concentra sugli aspetti psicopatologici del narcisismo. Secondo l’autore, infatti, il disturbo narcisistico è caratterizzato dallo sviluppo di un sé grandioso anomalo che porta l’individuo a credere di essere dotato di capacità speciali e di non aver bisogno degli altri, al punto da considerarli suoi inferiori.

Kernberg (1984) aggiunge un aspetto nuovo del narcisismo: “il narcisismo maligno”, ovvero un disturbo di personalità caratterizzato dalla combinazione di tratti narcisisti e antisociali. I soggetti affetti da questa patologia tendono a mostrarsi aggressivi, manipolativi e arroganti nei confronti degli altri.

Altri approcci

Negli ultimi anni, altri autori hanno iniziato a studiare il narcisismo considerandolo come tratto di personalità, suddivisibile in due dimensioni: “narcisismo grandioso” e “narcisismo vulnerabile” (Wink, 1991). Il narcisismo grandioso è quello più comune ed è associato ad arroganza, alta autostima, aggressività, ricerca di attenzioni, assunzione di rischi e dominanza. Diversamente, il narcisismo vulnerabile è caratterizzato da egocentrismo, bassa autostima, diffidenza, affettività negativa e isolamento sociale (Miller, 2021). Queste due dimensioni non sono necessariamente da considerare come negative, ad esempio tratti narcisistici non patologici possono essere efficaci nelle professioni di aiuto, come medici e psicologi, nell’essere sufficientemente “distaccati” da poter intervenire efficacemente, senza un eccessivo coinvolgimento emotivo. Tratti narcisistici si possono anche riscontrare in leader carismatici, d’ispirazione per gli altri.

Da un punto di vista psicopatologico, la psicologia cognitiva e comportamentale ha cercato di dare una spiegazione al costrutto di “narcisismo”. Questo approccio mette in evidenza come la personalità narcisista sia probabilmente causata da un eccesso di indulgenza da parte dei caregiver, che avrebbero contribuito a costruire degli schemi del sé disfunzionali (Freeman e Fox, 2013) o da trascuratezza emotiva durante il periodo dello sviluppo (Young e Flanagan, 1998).

Il grande mostro della personalità narcisistica

Ma come si è arrivati dallo studio analitico del narcisismo al costrutto diagnostico di Disturbo Narcisistico di personalità? Ma soprattutto come mai oggi si parla tanto di narcisismo?

La nascita del Disturbo di Personalità Narcisistica (NPD)

La storia del narcisismo all’interno del mondo della diagnostica e della clinica è decisamente turbolenta, quindi allacciate le cinture perché non sarà una lettura comoda.Torniamo indietro agli anni ‘80, L’American Psychiatric Association (APA) ha appena pubblicato la terza versione del Manuale Diagnostico Statistico dei disturbi mentali (DSM-III) in cui appare per la prima volta il Disturbo di Personalità Narcisistica (NPD), caratterizzato da sé grandioso, fantasie di successo e preoccupazione per l’autostima (APA, 1980). Questa novità è il risultato della ricerca e del dibattito sul narcisismo condotto da numerosi psicoanalisti a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 (Glasmann, 1988; Heiserman and Cook, 1998; Schalkwijk et al., 2021). La prima descrizione del disturbo nel manuale era quindi influenzata dalla concezione psicoanalitica del Narcisismo, in particolare con l’attenzione alle modalità relazionali e interpersonali connesse ai tratti patologici della personalità narcisistica (p. 328, APA, 1980). Da allora però l’approccio è cambiato, con un focus maggiore su una descrizione più comportamentale e didascalica della personalità patologica (APA, 1994). Quest’ottica sempre più categoriale e ateorica, per quanto sicuramente utile e più semplice, ha in realtà incontrato una critica importante dalla fine degli anni ‘90 in poi, con interi gruppi di ricercatori e clinici che hanno portato avanti alternative alle proposte dei vari manuali. Ma detto ciò l’APA non ha accolto pienamente le critiche fino a tempi molto recenti.

Nel 2013, nel DSM-5, vengono pubblicati i criteri diagnostici per i disturbi di personalità che abbiamo anche oggi. Vediamoli! I disturbi di personalità sono definiti come: “Un pattern duraturo di esperienza interiore e di comportamento che si discosta notevolmente dalle aspettative della cultura dell’individuo” (APA, 2022, p. 935). Per avere una diagnosi di disturbo di personalità il pattern di funzionamento (la loro definizione di “personalità”) deve essere rigido e deve impattare almeno due delle quattro aree della cognizione, affettività, funzionamento interpersonale e controllo degli impulsi. Inoltre deve essere inflessibile, pervasivo, stabile nel tempo e deve creare disagio alla persona. Infine, i sintomi non devono essere spiegabili tramite altri disturbi, condizioni mediche o effetti di sostanze (APA, 2013, 2022). I disturbi di personalità non possono essere diagnosticati in infanzia, esistono però disturbi specifici dell’infanzia che poi sfociano in disturbi di personalità negli adulti (ad esempio il disturbo della condotta che può sfociare nel disturbo di personalità antisociale). Questo perché la personalità è ancora in sviluppo fino all’adolescenza, per cui la comunità scientifica concorda che non si può ragionare in termini diagnostici.

Il Narcissistic Personality Disorder in particolare viene categorizzato insieme ai disturbi di Personalità Istrionica e Antisociale al cluster B dei disturbi di personalità; che sono caratterizzati da estroversione, ricerca di attenzione, impulsività e talvolta esuberanza. Quelli che nell’approccio psicodinamico vengono definiti disturbi esternalizzanti, ovvero che riversano i propri conflitti e difficoltà verso l’esterno (l’altro, le relazioni). I criteri diagnostici del disturbo in sé, non sono cambiati particolarmente negli ultimi vent’anni; ma oggi prevedono la condizione di soddisfare almeno cinque dei criteri individuati. Se volete leggerli per intero vi consigliamo di andare alla pagina 990 del manuale, si trova online.

Per sommi capi indicano:

  • autostima, valore personale, e bisogno e richiesta di ammirazione eccessivi
  • desiderio e fantasie di successo
  • senso di superiorità e diritto inspiegato
  • sentimenti di invidia o aspettative di invidiaverso gli altri è non empatico, ma sfruttatore, arrogante e altezzoso (APA, 2022)

Possiamo notare che non ci sia organizzazione o distinzione tra credenze patologiche, affetti e sentimenti caratteristici, disfunzioni affettive e comportamenti osservabili, e nemmeno c’è una gerarchia tra queste caratteristiche. Quindi non serve nemmeno avere uno dei tratti centrali del narcisismo classico, ovvero la grandiosità, per avere una diagnosi. La questione dei tratti e dell’accuratezza dei criteri è uno dei punti più problematici di questa tematica. Ma è davvero un problema? E se sì perché si usa ancora questa diagnosi?

La guerra contro il DSM e i mille problemi della diagnosi di personalità.

Iniziamo dai problemi. Tante argomentazioni sono state fatte contro l’approccio categoriale ai disturbi di personalità (Amini et al., 2014; Kendler, 2009; Widiger, 2009), molte delle quali basate sulla debolezza e incoerenza delle categorie di questi disturbi (Skodol et al., 2014; Oldham, 2015). Dalla ricerca è venuto fuori infatti che ci sia troppa eterogeneità tra persone all’interno della stessa categoria di disturbo (Amini et al, 2014; Miller et al., 2010; Pincus, 2011) e troppe somiglianze tra persone con disturbi di personalità diversi (Vize et al., 2020). Ciò ha causato un’ ampia sovrapposizione tra le categorie diagnostiche (Kendler, 2009; Widiger et al. 2009) e di fatto una perdita di utilità delle categorie stesse, in quanto non più indicative della persona. Specialmente gli individui con diagnosi di disturbo narcisistico di personalità (NPD) spesso mostrano una significativa eterogeneità nella presentazione e nella gravità dei sintomi, tantissime doppie diagnosi e, ciliegina sulla torta, spesso non vengono nemmeno diagnosticati correttamente a causa dell’uso di test non adatti per identificare il Narcisismo come disturbo (Miller et al., 2010; Pincus, 2011; Watson and Clark, 2023).

Un altro aspetto, un po’ più tecnico – che però è quello che ha causato il “drama” intorno alla possibile rimozione del NPD dal DSM – è legato alla diffusione del disturbo e alla natura sociale del narcisismo. In sintesi, il disturbo narcisistico è sempre più comune. Nel ‘94 meno dell’1% della popolazione era diagnosticato con il disturbo, ma questa cifra è raddoppiata nel 2013. Oggi più di 1 persona su 20 della popolazione occidentale (USA, EU) riceve la diagnosi (6,2%; APA, 1994, 2022;Trull, Jahng, Tomko, Wood, & Sher, 2010). Ma il problema non è solo l’aumento delle diagnosi, ma anche che i tratti descritti nel manuale, già nel 2013, stavano diventando sempre più comuni anche nella popolazione sana (Stinson et al., 2008). In soldoni, i criteri per la diagnosi di NPD non riuscivano più a distinguere tra personalità normale e patologica ed in generale minavano l’accuratezza del processo diagnostico (Freestone et al. 2022). Questa problematica è stata affrontata da vari punti di vista: alcuni sostenevano che il narcisismo era più una caratteristica trasversale ai disturbi di personalità più che un disturbo a sé (Karterud et al., 2011); altri invece consideravano la personalità narcisistica così comune da essere una risposta coerente con il contesto socio culturale occidentale (Lash, 2018). Spoiler: ci avevano in parte azzeccato.

 

Perché parliamo ancora di Personalità Narcisistica

Visto che il DSM sarebbe così pessimo a diagnosticare i disturbi di personalità, perché Psicologi, Psichiatri ecc lo usano ancora?
La risposta più semplice è che l’APA ha ascoltato le critiche e nel 2022 nel DSM-5-TR, ha aggiunto alle categorie diagnostiche una sezione apposita con un modello ibrido che risolve buona parte dei problemi elencati. Stiamo parlando del Modello Alternativo al DSM-5 per i Disturbi di Personalità (AMPD), che distingue tra valutazione del funzionamento generale di personalità e diagnosi con disturbi di personalità specifici basata su funzionamenti, deficit e tratti tipici (Schalkwijk et al., 2021).

La risposta più lunga è che la diagnosi non è fatta per essere necessariamente comunicata al paziente, certo alcuni lo fanno e può essere utile. Tuttavia le diagnosi sono per i professionisti, per avere un linguaggio comune nelle valutazioni, nella ricerca ecc. Anche nella pratica clinica orientano i professionisti nel comprendere il paziente ed orientare l’intervento. Ma nella pratica professionale c’è la possibilità di vedere la persona con cui parliamo oltre gli stereotipi e i limiti delle categorie di personalità, in virtù di una conoscenza e consapevolezza più ampia sulle tematiche. E tu che stai leggendo, ad esempio, ti potresti riconoscere nella descrizione data sui tratti narcisistici, ma non vuol dire che tu abbia una personalità narcisistica. Un tratto o una modalità non rappresentano la tua intera personalità. Ma anche se ricadessi in un “tipo di personalità”, tu non saresti solo quello, sei anche tanto altro. Insomma le personalità come le esperienze soggettive di patologia si collocano all’interno di grandi continuum che vanno dal meno al più pervasivo, dal sano al patologico. Un professionista ha modo di fare queste distinzioni.

Purtroppo questo vantaggio non c’è sempre nella comunicazione mediatica, divulgativa e sociale. Questo lo vediamo nell’iper-semplificazione fatta sui social, in cui si definisce la persona con un suo tratto, una sua modalità o un suo atteggiamento. Il tratto narcisistico diventa “la personalità narcisistica” e una persona con una personalità narcisistica diventa “il narcisista”. Queste inesattezze per quanto in apparenza sottili, alimentano una visione rigida e stereotipata della personalità narcisistica e creano stigma attorno a chi ne presenta i tratti (Freestone, 2021).

Quindi che cos’è il Narcisismo oggi?

Ma quindi, per i non addetti ai lavori, che cos’ è il Narcisismo oggi?
Andando a integrare i modelli più recenti sul tema si può dire che il Narcisismo, si può condensare in due grandi punti:

  • una difficoltà nella rappresentazione di sé in maniera realistica e autonoma,
  • uno stato di isolamento affettivo (Schalkwijk et al., 2021).

Il primo consiste in un’immagine di sé più o meno rigida e la ricerca di conferme che alimentino questa idea di sé. Questo aspetto può esprimersi nelle cosiddette ferite narcisistiche, ovvero quelle piccole cose quotidiane che ci infastidiscono perché toccano la nostra autostima in un punto scoperto (che abbiamo tutti). Però nel disturbo è particolarmente vistoso e l’impatto dalle opinioni altrui sulla percezione di sè diventa pervasiva e sofferente.

Il secondo punto è invece una difficoltà ad entrare in contatto emotivo empatico con gli altri. Questo si può declinare in tanti modi ma di fondo c’è sempre difficoltà a percepire l’altro come una persona autonoma e diversa da sé, ma che comunque ha la stessa importanza e che può avere gli stessi bisogni. Questa difficoltà si può esprimere come scarsa o mancanza di empatia, difficoltà a mettersi nei panni dell’altro o in un senso di superiorità intrinseca o di privilegio rispetto all’altro.

Come potrete notare è molto facile riconoscersi in queste esperienze, perché nei loro tratti più limitati sono molto comuni, ma anche perché sono caratteristiche della società odierna. Non è infatti un caso che si parli di Epidemia Narcisistica: oggi siamo tutti un po’ narcisisti (Freestone et al. 2022; Twenge et al., 2008; Twenge & Campbell, 2009; Twenge, 2017).
Lo siamo perché oggi viviamo in una società sempre più scollegata e frammentata, con un’esposizione a relazioni sempre più numerose ma anche sempre più superficiali. Viviamo nell’era delle immagini, anzi dell’immagine. Questo (s)collegamento sociale può sfumare molto facilmente nello scollegamento affettivo tipico del narcisismo. Il contributo della società contemporanea può essere ancora più chiaro se contestualizzato con la letteratura psicoanalitica alternativa contemporanea che individua nell’individualismo consumista del mondo occidentale cause della sofferenza attuale. Secondo alcuni autori infatti la cultura del capitalismo occidentale e digitale sostituisce spesso i valori umani con leggi economiche, incita alla competizione e al successo illimitato (Benasayag, 2018; Recalcati, 2011). Ma non solo ci espone al confronto costante dell’immagine e dell’apparenza altrui tramite i social. In quest’ottica si può dire che siamo incitati ad essere “narcisisti” (Lash, 2018). Si crea dunque un contesto in cui da un lato le aspettative sociali ci predispongono ad essere scollegati, soli e competitivi, e veniamo premiati per essere “i migliori”; tuttavia dall’altro, altre parti della stessa società demonizzano gli stessi tratti narcisistici con lo stigma “del narcisista”.

In questo marasma psico-culturale ci sentiamo tutti molto soli e a disagio. Ciò ha probabilmente contribuito a spostare l’interesse collettivo sulla salute mentale, ma anche sulle relazioni (Basch et al. 2022; O’Neill, 2023). Da lì si sono sviluppate sempre più narrative intorno alle relazioni sentimentali “tossiche”, di cui il narcisista è spesso protagonista. Anche questo, un costrutto tirato fuori dalla divulgazione psicologica. Però proprio nella conversazione generale sulle relazioni si è fatta tanta informazione, ma anche disinformazione e terrorismo psicologico sui mille pericoli del parter narcisista. Ma sarà vero? Saranno pericoli fondati?

Il narcisismo nella coppia

Dopo che abbiamo visto com’è una persona con tratti di personalità narcisistici da un punto di vista psicodinamico e diagnostico, vedremo come si potrebbe comportare una persona con atteggiamenti narcisisti all’interno di un rapporto romantico.
Infatti, nonostante la persona narcisista possa risultare una persona solitaria, che mette sé stessa al primo posto e si sente superiore agli altri, ha comunque bisogno di cercare la coppia, cerca un partner affinché soddisfi i suoi bisogni e lo faccia sentire ancora più superiore, sfamando il suo ego.

Purtroppo, però, coloro che rimangono in questa relazione spesso potrebbero dover affrontare numerose discussioni e potrebbero inciampare in qualche gioco narcisistico.
Per quanto il conflitto sia normale in qualsiasi tipo di relazione stretta, è piuttosto il modo in cui le persone regolano il proprio sé in questi contesti interpersonali che ha importanti implicazioni per la felicità e la stabilità nelle relazioni romantiche (Peterson & DeHart, 2014).

Premettiamo che anche in questa sezione utilizzeremo il termine “narcisista” per descrivere una persona con alti o bassi livelli di tratti narcisistici, e non una persona con disturbo di personalità narcisistica. Gli studi che verranno riportati qui di seguito hanno mostrato solo una faccia della medaglia per quanto riguarda le persone con tratti narcisistici, ma serviranno ulteriori ricerche per affermare questi aspetti.

Tali ricerche metteranno in luce le complessità intrinseche della vita amorosa delle persone con questi tratti di personalità, tuttavia rispetto alle ricerche sul narcisismo e alla minaccia all’ego, ci sono stati relativamente pochi dati che possono confermare con certezza come “i narcisisti” rispondono alle difficoltà nelle loro relazioni romantiche.

Immagina di essere coinvolto in una relazione con una persona con tendenze narcisiste, o se hai avuto già a che fare con un “narcisista” prova a ripensare a quella relazione: All’inizio della relazione sembra tutto meraviglioso, una favola, è tutto molto idilliaco, sei attratto dalle sue qualità affascinanti e sicure di sé. Tuttavia, col passare del tempo, potresti iniziare a notare alcune caratteristiche meno piacevoli.

Questo è stato constatato in diverse ricerche, tra cui uno studio di Konrath et. al (2014), in cui hanno confrontato coppie che stavano insieme da poco tempo e coppie più durature, anche sposate. Alle coppie che stavano insieme da poco tempo, è stato chiesto a ciascuno dei partner di descrivere il/la proprio/a compagno/a. Dalle risposte è emerso che il partner con tratti narcisisti veniva percepito come attraente, gradevole, competente, ben adattato e “popolare” nelle interazioni sociali. Mentre, per quanto riguarda coloro che stavano insieme da anni, descrivevano il proprio partner “narcisista” come aggressivo, schietto, egocentrico, auto-centrato, intollerante, arrogante, esigente e polemico (Konrath, Corneille, Bushman & Luminet, 2014; Wink, 1991).

Un’altra ricerca più recente di Lamkin, Lavner e Shaffer (2017) ha confermato lo studio precedente, infatti ha suggerito che le persone che ottenevano un punteggio elevato di narcisismo possono essere inizialmente percepite positivamente dai loro partner, ma nel tempo questa percezione può cambiare verso un’esperienza più negativa.

Questi risultati potrebbero essere spiegati dal modello dinamico di elaborazione auto- regolativa (Morf, Horvath & Torchetti, 2010) secondo cui le persone con tratti narcisisti cercano di costruire e mantenere una visione grandiosa di sé stessi, inoltre le loro strategie di auto-regolazione possono influenzare negativamente la relazione.

Altri studi in letteratura confermano che le persone con tratto di personalità narcisista tendono a gestire i loro rapporti romantici mantenendo un’ immagine positiva di sé (Campbell, 1999; Campbell, Brunell & Finkel, 2006; Campbell, Foster & Finkel, 2002; Campbell, Rudich & Sedikides, 2002). Infatti, preferiscono partner che li ammirano e li idealizzano perché questo rafforza la loro immagine di sé (Campbell, 1999) e fanno fatica ad ammettere le criticità della relazione e a riconoscere i propri errori (Foster & Campbell, 2005).

Potresti anche scoprire che il tuo partner “narcisista” è meno impegnato nella relazione rispetto a te (Campbell & Foster, 2002), dal momento che coloro che hanno tratti narcisisti

pensano di avere più alternative ed opportunità rispetto al loro partner. I “narcisisti” potrebbero non mostrare dubbi amorosi riguardo il proprio partner e anche meno preoccupazione per il benessere del partner (Sedikides, Campbell, Reeder, Elliot & Gregg, 2002); inoltre, la persona con personalità narcisistica tende ad essere dominante e controllante, come riportato da Masterson (1988). Questi comportamenti possono generare solo che confusione e angoscia nel tuo rapporto.

Altri studi, riportano che il tratto di personalità narcisistico è spesso associato anche ad aggressività ed ostilità, soprattutto per coloro che hanno un alto livello di narcisismo opportunista ed entitativo (Konrath, 2017). Le persone con atteggiamenti narcisisti, infatti, possono avere interazioni più negative con gli altri e possono addirittura sentirsi vittime degli altri (Rhodewalt, Madrian & Cheney, 1998). Questi comportamenti aggressivi possono rendere difficile per il partner interagire con loro, rendendo il rapporto frustrante (Konrath, 2017) e portando a relazioni meno soddisfacenti.

Altre ricerche, infatti, hanno dimostrato che le persone che hanno avuto una relazione con una persona con un alto livello di narcisismo riportano una diminuzione della soddisfazione nel tempo, rispetto a coloro che hanno avuto partner “non narcisistici” (Brunell & Campbell, 2011). Inoltre, avere un partner con tratto narcisista significa anche avere disfunzioni all’interno della relazione che portano a dolore e sofferenza (Miller, Campbell & Pilkonis, 2007).

Potremmo chiederci ora solitamente chi sceglie la persona “narcisista” come partner?

In alcune ricerche il narcisismo sembra essere associato a una tendenza all’omogamia, ovvero le persone con narcisismo pronunciato tendono a scegliere partner che condividono le loro stesse caratteristiche (Campbell, Foster & Finkel, 2002). Ciò potrebbe portare a dinamiche disfunzionali nelle relazioni romantiche, infatti, persone che ottengono un punteggio alto di narcisismo si trovano spesso ad interagire con altri “narcisisti” invece di cercare partner che potrebbero offrire un supporto più sano ed equilibrato.

Ma non solo, secondo Campbell (1999) alcuni “narcisisti”, soprattutto uomini, tendono a cercare partner che considerano trofei da esibire, con qualità altamente desiderabili come il successo e la bellezza oppure sulla base dell’attrattività fisica (Eastwick & Smith, 2018), in questo modo rafforzano la loro autostima ed enfatizzano il loro valore come partner in una relazione (Sauls, Zeigler-Hill, Vrabel & Lehtman, 2019).

Quindi, coloro che hanno tratti narcisisti possono concentrarsi di più nel cercare la perfezione, per esempio un’intelligenza elevata, rispetto magari cercare partner premurosi o amorevoli (Campbell, 1999), infatti, è stato riscontrato che le persone con forti tratti narcisisti sono maggiormente attratte da coloro che per esempio li ammirano molto, come detto in precedenza, rispetto a coloro che sono meno disposti a soddisfare i loro bisogni o con cui potrebbero sviluppare un’intimità emotiva (Campbell, 1999).
Tuttavia, per mantenere il loro senso di superiorità, i “narcisisti” tendono anche a sminuire o svalutare il proprio partner (Campbell, Foster & Finkel, 2002). Questo comportamento può rendere difficile per coloro che hanno tratti narcisisti stabilire relazioni di lunga durata basate sulla reciprocità e sull’empatia, avendo difficoltà anche nel creare una connessione profonda e a mettersi nei panni dell’altro (Konrath, 2017).

Ma a proposito di intelligenza, lo sapevi che diversi studi hanno dimostrato come il “narcisismo” possa influire sulla percezione dell’intelligenza del proprio partner?
Secondo uno studio condotto da Zajenkowski e Gignac nel 2021, le donne con un forte tratto narcisista tendono a scegliere partner romantici percepiti relativamente intelligenti, inoltre tendono a sovrastimare l’intelligenza dei loro partner maschili e, allo stesso tempo, le donne con tendenze narcisiste vengono percepite come persone altamente intelligenti dai loro compagni.

Possiamo immaginare questa situazione come se le donne con tratto narcisista si trovassero in una sorta di bolla, dove vedono i loro partner come estremamente brillanti, anche se potrebbe non essere così evidente per gli altri. Questo studio potrebbe essere preso come esempio rispetto alle affermazioni scritte precedentemente, in quanto il comportamento delle donne “narcisiste” può essere spiegato dal desiderio di associarsi ad individui di grande successo, in modo da aumentare la loro autostima attraverso questa relazione. In altre parole, si sentono meglio con sé stesse quando sono legate a persone che sono considerate intelligenti e di successo (Zajenkowski & Gignac, 2021).

Infine, uno studio condotto da Grosz, Dufner, Back e Denissen (2015) ha analizzato l’attrazione che le persone provano verso coloro che hanno una personalità dominata dal narcisismo. Hanno scoperto che le persone che cercano emozioni forti, coloro che in termini psicologici possiamo definire “Sensation seeker”, nelle relazioni tendono ad essere più attratte dai “narcisisti”, sia per quanto riguarda una relazione a breve termine che a lungo termine. Potrebbe essere che in questo caso il fascino e l’energia che le persone con tratti narcisisti emanano, li rendono più interessanti per coloro che amano vivere esperienze intense nelle relazioni.
In questo caso… ve la state un po’ cercando!

Come posso comunicare al meglio con il mio partner con tratti narcisisti?

Per concludere questo articolo vorremmo suggerirvi come prestare attenzione ad alcune “red-flag” che potreste notare all’interno della vostra relazione, ovviamente non siamo qui a fare di tutta l’erba un fascio, continuando a leggere questo articolo troverete le prossime ricerche che mostrano alcuni tipi di strategie manipolative che possono adottare i “narcisisti”, ma non le utilizzano solo loro. Serviranno ulteriori ricerche per poter affermare queste ipotesi.

Nel frattempo, se per caso doveste ritrovarvi ad un appuntamento galante con il vostro partner “narcisista” e notate alcune frasi che vi suonano manipolative, vi diamo qualche consiglio su come comportarvi in quel caso.

Nel 2019 Sauls, Zeigler-Hill, Vrabel e Lehtman hanno esaminato come il tratto narcisistico influenzi le dinamiche delle relazioni romantiche. I risultati hanno rivelato che le persone con atteggiamenti narcisisti tendono ad adottare comportamenti negativi durante i conflitti all’interno delle relazioni e cercano di manipolare la percezione della relazione stessa per mantenere il controllo e perpetuare un tipo di amore basato sul gioco. Questo significa che i “narcisisti” possono avere difficoltà nel gestire i conflitti e potrebbero cercare di mantenere il controllo della relazione attraverso la manipolazione.

Ma non adottano solo la manipolazione, infatti in un altro studio recente (Sauls et al. 2019) hanno differenziato due tipi di modalità narcisiste, l’ammirazione narcisistica e la rivalità narcisistica, e hanno confrontato alcune strategie che utilizzano le persone con questo tipo di modalità per influenzare gli altri. Entrambi i tipi di narcisismo sono correlati alla manipolazione, ma nella rivalità narcisistica si associa anche la supplicazione, l’intimidazione e il disimpegno. Questi risultati suggeriscono che coloro che hanno un forte tratto narcisista possono adottare diverse strategie per mantenere il controllo nelle relazioni, ma le loro preferenze e comportamenti possono variare a seconda del tipo di narcisismo che manifestano.

Perciò, nel caso vi doveste imbattere in una discussione con qualcuno con personalità dominata dal narcisismo e notate che sta utilizzando alcune frasi manipolative, ecco come potreste rispondere in maniera assertiva, senza cadere nelle loro provocazioni. Rispondere in modo assertivo può aiutare a mantenere il controllo della situazione e a proteggere il proprio benessere emotivo senza alimentare coloro con tratti narcisisti.

Ma ricordate anche che a volte anche il silenzio va bene perchè non è contestabile e non è punitivo in questo caso!

MANIPOLATIVO                                           ASSERTIVO

Mi fai sentire così deluso/frustrato/arrabiato!

Mi dispiace che tu ti senta così, ma vorrei che entrambi potessimo esprimere i nostri sentimenti in modo costruttivo e trovare soluzioni insieme

Se non fai quello che dico io, non ti amerò più

Mi preoccupa il fatto che il nostro amore sembri condizionato a seguire solo le tue richieste. Vorrei una relazione basata sulla reciproca comprensione e rispetto

Non posso credere che tu stia facendo questo a me!

Capisco che tu possa essere ferito/a, ma credo che sia importante discutere della situazione in modo calmo e rispettoso per trovare una soluzione

Stai esagerando!

Per me questa cosa è importante e vorrei che tu capissi come mi sento

Non mi ascolti mai!

Capisco che tu possa sentirti così, e mi dispiace se ti ho dato questa impressione. Cercherò di essere più attenta/o in futuro per assicurarmi di ascoltare i tuoi bisogni e opinioni

Conclusione

Dunque in sintesi cos’è il narcisismo? Una risposta unica e chiara non c’è, come si può aver intuito. Però, a nostro parere, ciò che emerge dalle analisi fatte è che il Narcisismo abbia estremamente a che fare con lo scollegamento. Un fil rouge infatti tra DSM, AMPD e le prospettive più dinamiche o analitiche è quello della mancanza di contatto con l’altro e di una rigidità dell’immagine di sè. Un’incapacità di fondo di vedersi come entità separate ma interdipendenti con gli altri. E sì, può diventare un tratto così predominante da poi esplodere nella grandiosità o nel vittimismo rigido o nell’aggressività e nella manipolazione, però rimane sempre quel “deficit” di fondo. L’altro non è più una persona come me, ma un oggetto a sé stante, una cosa da usare o un riflesso di sè. In ogni caso l’altro è deumanizzato. Questa prospettiva spiega perché si possono avere degli atteggiamenti narcisistici, o dei tratti, ma non necessariamente si è narcisisti. Nel contesto culturale e sociale attuale, basato sull’individualismo e ,di conseguenza, sulla solitudine e sull’isolamento, in parte causato anche dai social e dallo sviluppo della tecnologia, il narcisismo può essere una condizione cronica o una modalità interattiva. Ed anche dietro “il mostro” del narcisista c’è una persona sola che ha bisogno di cura e aiuto. Tuttavia non è l’immagine trasmessa dalla comunità scientifica alla popolazione generale. Il topic, è innegabile, va di moda, ma con un certo stigma. “Il narcisista” presentato come un tipo, uno stereotipo, un personaggio… quasi oscuro che si nasconde tra di noi. Questa narrazione è stata perpetrata dalla conversazione sulle relazioni disfunzionali che dalla letteratura a Tik Tok hanno identificato nel narcisista un pericolo per la salute mentale delle persone. Ma mettiamola così: sì, esistono relazioni più o meno funzionali, sì esistono persone con problemi di comunicazione, gestione del conflitto e nell’empatia e sì, ci sono quelle persone “un po’ narcisiste” che confondono una relazione sentimentale con un cuscino affettivo in cui possono fare quello che vogliono. Queste dinamiche esistono anche senza l’etichetta narcisismo. Perciò ricorda semplicemente che tu sei una persona con i tuoi diritti, bisogni e obiettivi e che una relazione sana è equa, simmetrica e basata sul rispetto e l’empatia reciproca. Coltiva le relazioni che ti fanno venire voglia di essere autentic* e felice.

Giulio De Pasquale
Laura Rosponi
Tiziana Sassanelli

 

 

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