Le cose che non sapevi sugli stili comunicativi nelle relazioni

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Cos’è la comunicazione

Dal Dizionario Treccani, la comunicazione è: in senso ampio e generico, l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o ad altri. In senso più proprio, il rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un rapporto spesso privilegiato e interattivo. Più astrattamente, è la relazione complessa tra persone (di carattere cognitivo, spirituale, emozionale, operativo, ecc.), che istituisce tra di esse dipendenza, partecipazione e comprensione, unilaterali o reciproche. Nelle scienze umane e sociali e del comportamento, è intesa come il processo di trasferimento dell’informazione contenuta in un segnale, attraverso un mezzo (canale), da un sistema (promotore) a un altro (recettore): in questo senso il segnale è dotato di significato e tale da poter provocare una reazione nel recettore/ricevente. La comunicazione presuppone necessariamente una relazione, dunque uno scambio.

La comunicazione umana si distingue in:

  • Comunicazione sociale o comunicazione di massa: viene realizzata da una o poche persone ed è rivolta a molti individui come la televisione, la stampa, la radio, le pubblicità…;
  • Comunicazione interpersonale: coinvolge due o più persone e si basa sempre su una relazione in cui gli interlocutori si influenzano, anche in modo inconsapevole. Si suddivide a sua volta in:
    • Comunicazione verbale, che avviene attraverso l’uso del linguaggio sia scritto che orale e che dipende da precise regole sintattiche e grammaticali;
    • Comunicazione non verbale, che avviene senza l’uso delle parole attraverso vari canali: mimiche facciali, sguardo, gesti, posture, andature e abbigliamento;
    • Comunicazione para verbale la quale riguarda soprattutto la voce come tono, volume, ritmo, ma anche pause, risate, silenzio ed altre espressioni sonore come schiarirsi la voce, tamburellare, far suoni e il giocherellare con oggetti. Non verbale e para-verbale inviano messaggi spesso inconsapevoli di tipo emotivo.

La comunicazione interpersonale è sempre coinvolgente perché produce, a breve o a lungo termine, effetti psicologici positivi o negativi, ma mai indifferenti. Inoltre, nel rapporto comunicativo gli interlocutori stabiliscono la natura della loro comunicazione, che può essere ad esempio confidenziale o formale.

Gli stili comunicativi

Gli stili comunicativi dipendono da vari fattori: esperienze sociali fatte, conoscenze, valori e abitudini di vita. In particolare, lo stile di comunicazione prevalentemente utilizzato durante l’età adulta è originario dalle relazioni con i caregiver, ovvero con coloro che si sono presi cura di noi durante la nostra infanzia, come i genitori. Per esempio, secondo Salter (1949), quando un bambino nell’infanzia viene punito ripetutamente per alcuni suoi comportamenti sociali, e poiché il comportamento umano corrisponde all’eccitazione, questi comportamenti vengono inibiti e così, da adulto, svilupperà una personalità inibita.

Nel 1990 Lynch e Kordis definirono quattro atteggiamenti alla base di altrettanti stili comunicativi, ed è da specificare che si parla di un continuum che va dal comportamento passivo al comportamento aggressivo e nell’area intermedia si situerebbe il comportamento assertivo e non di categorie definite e a sé stanti.

  1. Stile passivo (sottomesso): si lascia dominare dagli altri e tende a subire. Soffre di “ansia sociale” che contiene cercando il consenso di tutti ed evitando qualsiasi contrasto. Evita di esprimere le proprie opinioni e i sentimenti che prova per non incorrere in critiche che non riuscirebbe a tollerare; tende a compiacere gli altri cercando di soddisfare le aspettative altrui. La comunicazione passiva è presente in chi possiede una bassa autostima. Gli individui passivi non rispondono apertamente e prontamente alle persone dalle quali si sentono feriti, delusi o verso le quali provano rabbia. Trattengono dentro sé stesse i sentimenti spiacevoli che provano senza manifestarli nella relazione. Rancori e fastidi montano nel tempo, si amplificano, sino a quando il loro livello di tolleranza viene superato; sono soggetti a scoppi emotivi in situazioni di poco conto. Dopo lo sfogo si sentono in colpa, confusi, provano vergogna e rientrano nel loro stile passivo.

La persona con stile “io non ok –  tu ok” presenta le seguenti caratteristiche: è incapace di farsi valere, permette agli altri di violare i suoi diritti e di mancargli di rispetto, non riesce ad esprimere i suoi sentimenti, bisogni ed opinioni, tende a parlare a bassa voce e a scusarsi frequentemente, mostra scarso contatto oculare ed una postura del corpo “incassata” o goffa, soffre d’ansia o depressione poiché sente di non avere il controllo della propria vita e si sente senza speranza, prova risentimento, ma non sempre ne è consapevole, perché i suoi bisogni non vengono presi in considerazione né soddisfatti, fatica ad evolvere perché non si confronta e non affronta apertamente i problemi.

  1. Stile aggressivo: tende ad imporsi, a dominare e a svalutare gli altri che ritiene meno importanti rispetto a sé stesso; esiste quindi un egocentrismo che lo rende fortemente ostile verso gli altri. Esprime i propri sentimenti, opinioni, bisogni, violando i diritti altrui. L’aggressione avviene attraverso l’abuso verbale e fisico; è indice di sentimenti di impotenza provati in passato in seguito ad abusi che ha subito ma che non ha elaborato e superato.

La persona con stile “io ok –  tu non ok” presenta le seguenti caratteristiche: cercare di dominare e controllare gli altri usando l’umiliazione, la critica, l’attacco, è impulsivo, ha una scarsa capacità  di tollerare la frustrazione, ovvero non accetta i “no“ come risposta e tutto ciò che ostacola la soddisfazione dei suoi bisogni nell’immediato, usa un tono di voce alto, è esigente e prepotente, si mostra sgarbato, lo sguardo è penetrante, diretto, la postura è imponente e minacciosa, non ascolta l’altro, interrompe frequentemente i discorsi per sovrapporsi, distingue l’ ”io” dal “voi”, usa quest’ultimo con un’accezione dispregiativa, incute terrore ed odio negli altri, incolpa gli altri e non matura mediante il confronto.

  1. Stile passivo-aggressivo (manipolativo): cerca di ottenere dall’altro ciò che gli è utile (anche a danno dell’interlocutore) attraverso strategie manipolative indirette di comunicazione con effetti negativi e distruttivi della relazione. Sembra apparentemente passivo e remissivo tuttavia agisce la rabbia in modo sottile. Nelle relazioni si mostra sorridente per poi cercare di sabotare segretamente le decisioni che ha condiviso, solo apparentemente, mostrandosi collaborativo. Compensa la mancanza di potere che non è in grado di esercitare perturbando le situazioni in modo indiretto. Si tratta di una persona che si sente impotente, bloccata e risentita, in altre parole, incapace di affermarsi in modo esplicito. Sorride mentre progetta di sabotare le persone con le quali è arrabbiato.

La persona con stile “io non ok –  tu non ok” presenta le seguenti caratteristiche: dissente e si lamenta tra sé e sé piuttosto che confrontarsi con la persona con la quale ha un problema, ha difficoltà a riconoscere la rabbia che sente ed usa espressioni facciali che non sono coerenti con i sentimenti che prova, sorride quando prova rabbia (risata della forca) ed usa il sarcasmo, nega l’esistenza di un problema, sembra cooperare mentre prova fastidio, si oppone in modo sottile e sabota scelte che non condivide, si sente impotente e scarica la sua rabbia senza affrontare in modo adulto i problemi reali.

  1. Stile assertivo: afferma chiaramente le sue opinioni ed i suoi sentimenti, sostiene fermamente le proprie necessità e diritti senza violare quelli altrui. Coincide con un elevato livello di autostima. Si tratta quindi di una persona che conosce il suo valore ed è in grado di sostenere ed affermare sé stessa nel rispetto delle necessità altrui. Per una buona salute mentale e relazionale l’assertività è fondamentale.

La persona con stile “io ok –  tu ok” presenta le seguenti caratteristiche: esprime sentimenti, bisogni ed idee in modo chiaro, appropriato e rispettoso, usa l’”io” per comunicare con gli altri piuttosto che il “tu”, è un buon ascoltatore e non interrompe, ha un buon controllo di se poiché ha ben chiaro cosa vuole e cosa non vuole, quando parla mantiene il contatto oculare col suo interlocutore ed usa un tono di voce calmo e chiaro, si mostra competente e interessato al punto di vista altrui, mantiene una postura eretta, rilassata e comunica apertura e disponibilità, non permette abusi, manipolazioni, sconfinamenti di ruolo e dei suoi spazi, lotta per i propri diritti e cresce attraverso lo scambio di idee senza svalutare o criticare.

comunicazione

Nelle relazioni interpersonali

Dato che gli stili comunicativi sono quattro, altrettante saranno le possibili posizioni relazionali fra due persone:

  1. Se l’emittente non ha sufficiente stima di sé, ma ha un’alta considerazione dell’interlocutore, si sentirà insicuro e tenderà a rinunciare alla comunicazione. Penserà alla figura che potrebbe fare e sceglierà di allontanarsi il prima possibile dallo scambio comunicativo. Questo atteggiamento interiore produrrà comunicazioni rinunciatarie e segnate dal bisogno di fuga.

Nelle relazioni, i passivi respingono a priori qualsiasi comunicazione, ripiegandosi su sé stessi e vivendo in modo per lo più solitario, preferiscono fingere e dissimulare le proprie esigenze, subendo così le decisioni altrui.

  1. Se l’emittente ha stima di sé, ma non dell’interlocutore, tenderà subito a spazientirsi, a rinunciare a farsi capire, pensando che l’altro è proprio stupido o testardo. A sua volta il ricevente interpreterà l’atteggiamento dell’emittente come segnale di disprezzo nei suoi confronti. Ciò genererà comunicazioni ostili, aggressive e autoritarie, con tendenza a sovrastare e imporsi sull’altro. Spesso queste persone si circondano di personalità passive in modo tale da essere loro al centro dell’attenzione e poter decidere per i propri ed esclusivi interessi.
  2. Se l’emittente non ha sufficiente stima di sé e nemmeno del ricevente, allora si verificherà l’impossibilità al dialogo data dalla generale mancanza di fiducia. Le comunicazioni saranno manipolatorie e improntate alla diffidenza e alla dissimulazione delle reali intenzioni. È una modalità indiretta di gestire l’aggressività utilizzando gli altri per i propri fini. Chi è manipolatorio non mostra un’aggressività palese, ma comunque riporta tutto ai propri interessi, diventando così autoritario in modo mascherato. Costoro esercitano il loro talento di preferenza verso chi ha un atteggiamento passivo; un atteggiamento assertivo li fa desistere.
  3. Solo se l’emittente gode di buona autostima e di alta considerazione nei confronti dell’interlocutore la comunicazione sarà costruttiva e fluida e si svolgerà in un clima sereno e di fiducia reciproca. In questo caso lo scambio sarà efficace e assertivo.

Nel 1958 J. Wolpe per primo usò il termine assertion, definita come l’espressione esterna di tutti i sentimenti che non siano l’ansia.

L’obiettivo generale di uno stile di relazione assertivo è quello di creare rapporti interpersonali positivi e chiari, significa avere contatti basati sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione e nello stesso tempo saper affrontare con serenità ed efficacia anche le situazioni problematiche.

Wolpe non parla di soggetto inibito, ma di persona che non sa come comportarsi in una determinata situazione, non necessariamente per un condizionamento di tipo avversivo, ma che potrebbe non avere mai imparato un comportamento alternativo, o perché non ha avuto un modello di riferimento oppure perché non è stato abbastanza rinforzato.

Appare evidente, data la presenza di comportamenti passivi e aggressivi, che assumere questi stili comunicativi comporta dei vantaggi; nessuna condotta, infatti, si mantiene se non ha conseguenze positive (rinforzo positivo) per la persona o se non evita un evento avversivo (rinforzo negativo). Le persone non sono mai sempre e solo aggressive, passive o assertive. Lo stile di relazione deve essere valutato avendo come riferimento: la situazione specifica, lo stato psico-fisiologico della persona in quel determinato momento e l’ambiente socio-culturale di riferimento, in quanto nessun individuo assume un atteggiamento in modo assoluto e permanente.

Giada Zambotto

Bibliografia

Lynch, D. e Kordis, P., L. (1990). Strategy of the Dolphin: Scoring a Win in a Chaotic World. Fawcett Books;

Rogers, C. 1951. La terapia Centrata sul Cliente;

Salter, A. (1949). Conditioned reflex therapy. New York: Capricorn Press;

Wolpe J. (1958), Psychotherapy by reciprocal inhibition. Stanford, Calif., Stanford University Press.

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